Oggi a Brescia l'udienza di revisione davanti ai giudici della seconda corte d'Appello
L'ultima immagine insieme di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva per la strage di Erba (Como) è dietro le sbarre un po’ stinte di una gabbia di un’aula di giustizia. Quell'amore "quadrupede" sembra resistere - nonostante siano passati quasi 18 anni da quell’11 dicembre 2006 - e ora è pronto a condividere la speranza di vedersi riconosciuta un’innocenza già sfuggita in tre gradi di giustizia. E' un percorso in salita, ma il sì all'udienza per la revisione davanti alla seconda sezione della corte d'Appello di Brescia è linfa vitale per l'ex netturbino di 62 anni che dietro le sbarre di Opera ha scoperto l'amore per l'orto e per Rosa, 60 anni, che da gennaio esce ogni giorno dal carcere di Bollate per raggiungere il suo posto di lavoro in una cooperativa poco distante.
Saranno uno accanto all'altro, lontano dai giornalisti (non ammessi in aula), e anche da chi dal giorno del massacro nella corte di via Diaz vive una pena che non conosce sconti. Oggi, tra quei banchi, mancheranno tanti protagonisti di una storia che continua a dividere l’opinione pubblica. Non ci sarà chi, tra i primi, ha creduto alla loro innocenza: l'avvocato Enzo Pacia scomparso nel 2009. Non ci sarà Carlo Castagna, il papà di Raffaella, il marito di Paola Galli e nonno del piccolo Youssef, morto nel maggio del 2006. Uomo di chiesa fu capace di perdonare gli assassini ancor prima che avessero un nome e donò la casa dell'orrore alla Caritas trasformandola così un tetto per famiglie bisognose.
Non ci saranno i suoi figli, Pietro e Giuseppe (Beppe) che negli anni hanno subito attacchi neanche velati e un profondo odio social che ha portato, anche solo pochi giorni fa, a sentenze di condanna per i 'leoni da tastiera'. Da sempre parti civili chiedono rispetto: "Abbiamo assistito ad ogni grado processuale e ci siamo convinti della colpevolezza dei coniugi Romano". Rappresentati dai legali Massimo Campa e Daniela non verranno in aula, restando lontani dal circo mediatico.
E resteranno un passo indietro anche Elena e Andrea Frigerio, i figli del 'supertestimone' Mario e di Valeria Cherubini entrambi comunque vittime di quella sera. "La nostra speranza è, soprattutto, che venga messa la parola fine a tutto questo clamore, a questo accanimento e che finalmente i nostri cari possano riposare in pace e con il rispetto che meritano" le parole affidate ieri all'Adnkronos tramite il loro avvocato Adamo De Rinaldis. "Confidiamo, come sempre, nella giustizia, come è sempre stato in tutti questi anni. Anni difficili, pesanti, in cui - confessano i fratelli che resteranno lontano dai riflettori - non abbiamo avuto modo di far rimarginare le ferite. Anni in cui, però, abbiamo sempre confidato nella verità, quella processuale, quella delle aule di tribunale, quella che ha portato alle sentenze nei tre gradi di giudizio".
Ci sarà un posto vuoto per il loro papà, morto di malattia nel settembre del 2016, e per l'avvocato Manuel Gabrielli che lo ha assistito anche in ospedale dove Frigerio pronunciò il nome di Olindo. L’uomo che si salvò solo per una malformazione alla carotide ha fatto in tempo ad assistere alla condanna definitiva e ora la difesa, nuovamente, prova a mettere in dubbio la genuinità del suo racconto. Difficile capire se la corte potrà accogliere i dubbi di chi assiste gli imputati, piuttosto certo che non ci riuscirà con chi ha assistito dal vivo alla sua deposizione.
Tra i banchi siederà, invece, Azouz Marzouk, l'unica parte civile che non crede alla sentenza. L’uomo che nella strage ha perso la moglie e il figlio Youssef di soli due anni ha fin dal primo grado messo in dubbio la colpevolezza dei coniugi Romano e anche adesso è pronto a ignorare quanto decretato, in modo univoco, da diversi giudici. Dopo la teoria innocentista già espressa in primo grado anche adesso, con accanto l'avvocato Solange Marchignoli, tiene fede alla sua convinzione e si schiera al fianco di chi, secondo tre sentenze, gli ha sterminato la famiglia.