Missione archeologica italiana nel Borneo per studiare e tentare di ricostruire il primo insediamento della popolazione indonesiana con l'applicazione delle più recenti metodologie e tecnologie di ricerca archeologica. Si tratta di un progetto che gode dell'approvazione del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nonché dell'appoggia dell'ambasciata italiana a Giacarta e che avrà inizio a settembre prossimo (FOTO).
"Il progetto avrà inizio a settembre anche se io partirò il 9 agosto per preparare per così dire il terreno alla missione che si svolge in uno dei luoghi più selvaggi ma che considero più affascinanti ed interessanti del pianeta: prezioso scrigno di biodiversità e archeologia che ha tanto da raccontare", ad illustrare la missione all'Adnkronos è Michele Raddi, professore associato dell'università Udayana di Bali, Indonesia, è direttore scientifico e responsabile del progetto di ricerca archeologica per incarico del ministero indonesiano e università di Udayana.
"Vado in anticipo per preparare soprattutto la parte logistica della missione - spiega Raddi - dirigerò l'attività tecnica e rappresento la parte indonesiana del progetto come professore dell'università di Bali. Il mio collega Giuseppe Lembo dell'Università di Ferrara è direttore della missione italiana in Borneo e partecipa alle ricerche archeologiche del sito".
I due archeologi di origini molisane dirigono quindi un gruppo di ricercatori composto da afferenti all'Università di Ferrara, di Roma La sapienza, dell'Universitat Roviri et Virgili di Terragona e dell'Università Udayana di Bali. Le ricerche si concentreranno nella grotta di Batu Hapu, nell'area del Kalimantan, Borneo indonesiano.
"Il Borneo è una perla ambientale, è la terra degli 'orang hutan', che in indonesiano significa 'persona della foresta' ed è la terra anche della scimmia 'Nausica' o Narvalis Larvatus, che ha il naso a forma di una piccola proboscide, è un luogo meraviglioso - continua Raddi - un luogo difficile da affrontare e bisogna prepararsi bene: non solo per quanto riguarda l'euipaggiamento ma soprattutto fisicamente. Sono luoghi selvaggi e è necessario essere in salute per recarvisi. Ma posso dire che noi archeologi siamo piuttosto vaccinati per questi luoghi, siamo preparati: insomma abbiamo gli anticorpi".
Una missione per così dire alla 'Indiana Jones', l'archeologo eroe della saga cinematografica di Steven Spielberg. "Si tratta dello studio di una grotta enorme, la grotta di Batu Hapu, nel Borneo meridionale - continua Raddi - è un sito grandissimo e posto su più livelli ed è stato frequentato ed abitato in più epoche storiche. Ho effettuato un sopralluogo e ci sono segni di presenza che risalgono alla preistoria, certo non è un sito conservato come si dovrebbe: nel tempo è stato utilizzato per la raccolta del guano degli uccelli per l'agricoltura, alcune pareti sono state intaccate, tuttavia data la grandezza del sito si possono raccogliere e studiare tantissimi altri reperti, disegni, pitture e così via".
"E' uno dei siti archeologicamente più importanti e più interessanti del Borneo - prosegue il professore - si trova in un territorio vastissimo e ricco e potrà raccontare e testimoniare la presenza e la vita dell'uomo di Java (Homo Erectus), dei primi insediamenti all'interno delle grotte. E inoltre il progetto ha anche lo scopo, dato che sono professore aggiunto all'Università di Bali, di insegnare agli studenti locali le nuove metodologie di scavo, come condurre uno scavo in maniera corretta, come documentare e catalogare i vari reperti".
"La missione è al via, inizia ma servono fondi per farla poi continuare il più possibile - conclude Raddi - servono sponsor che ci aiutino in questo progetto così scientificamente importante. Speriamo che qualcuno si faccia avanti per poter dare la possibilità di approfondire la conoscenza e lo studio delle nostre origini: delle origini del mondo".