Bioingegnere Micera: "In 20-30 anni device sempre più utili e comuni, sfida accesso anche in Paesi in via di sviluppo"
"Le Paralimpiadi sono un momento in cui la gente, tutta, si accorge non solo dell'esistenza di persone con disabilità, ma delle potenzialità che queste persone continuano ad avere. Le vedo sempre come un momento di orgoglio, di soddisfazione". Le protesi più avveniristiche sono 'pane quotidiano' per Silvestro Micera, professore di bioingegneria alla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. Eppure l'esperto racconta di essersi emozionato quando ieri ha visto in tv la schermitrice italiana Bebe Vio camminare sicura sulle sue protesi in mezzo alla folla, tenendo saldamente la torcia nella staffetta per l'accensione del braciere paralimpico, e poi l'ultimo tedoforo girato di spalle davanti alla mongolfiera dorata, il profilo della sua gamba destra che termina con una lama da corsa. "Le tecnologie impiantabili o indossabili hanno già aiutato tante persone, ma credo fermamente nel fatto che nei prossimi 20 o 30 anni lo faranno ancora di più", assicura all'Adnkronos Salute.
"Siamo all'inizio di quella che spero sia davvero una rivoluzione tecnologica che renderà" tutti questi device "ancora più utili e ancora più comuni - dice Micera, pioniere dello sviluppo di protesi 'bioniche' in grado persino di far percepire il calore degli oggetti - Ci saranno sempre più tecnologie indossabili o impiantabili che potranno dare maggiore qualità di vita, maggiori opportunità alle persone con varie disabilità motorie, sensoriali o cognitive". La sfida adesso, evidenzia lo scienziato, "è portare più sistemi nuovi in clinica, da un lato, e dall'altro portarli anche nei Paesi in via di sviluppo". Parola d'ordine: "Innovazione frugale", spiega, cioè l'impegno a "trovare la maniera di creare soluzioni" sostenibili e "utilizzabili per un numero maggiore di persone, e da subito anche in Paesi in via di sviluppo che ne hanno un enorme bisogno, ma dove magari sono necessarie delle attenzioni maggiori ai costi di questi sistemi".
"In alcuni Paesi, molti purtroppo in realtà, è ancora difficile avere accesso facile alle tecnologie. In Italia - ragiona - fortunatamente le persone con disabilità motorie o sensoriali hanno enormi possibilità. Perché il servizio sanitario o agenzie come l'Inail forniscono i dispositivi. In un Paese in via di sviluppo è molto più complicato. E per quello bisogna trovare degli sviluppi che siano magari a tecnologia un po' meno evoluta, ma più facilmente utilizzabili anche in queste aree". Un esempio? "La Scuola Sant'Anna ha un progetto bellissimo che si chiama AfricaConnect. I colleghi che ne fanno parte lavorano con delle agenzie per fare anche dei piccoli miglioramenti a dei sistemi esistenti in Africa. Piccole modifiche che possono voler dire grandi miglioramenti della qualità della vita". Insomma, c'è molto da cambiare e da fare.
Sul tema dell'accessibilità hanno messo l'accento anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e il Comitato paralimpico internazionale, evidenziando in occasione dell'apertura delle Paralimpiadi di Parigi il potere della tecnologia assistiva e il suo "impatto trasformativo" sugli sport. Si pensi alle lame da corsa, alle sedie a rotelle di ultima generazione, ai tutori di rilascio nel tiro con l'arco. La campagna 'Equipped for equity' chiede sostegno a un'azione globale per migliorare l'accesso a questi prodotti sanitari essenziali. La tecnologia assistiva supporta gli atleti per competere ai massimi livelli, consente loro di ridefinire ciò che è possibile nello sport e di ispirare milioni di persone in tutto il mondo, viene evidenziato.
Ma nella realtà di tutti i giorni l'Oms stima che l'accesso a questa tecnologia rimanga fortemente limitato in molte parti del mondo, rispetto a un totale di oltre 2,5 miliardi di persone che ne avrebbero bisogno. Per esempio solo il 5-35% degli 80 milioni che hanno necessità di sedia a rotelle accede a questo strumento. E solo il 10% della domanda globale di apparecchi acustici viene attualmente soddisfatta, indica l'agenzia Onu in una nota.
Ecco perché è importante un palcoscenico come quello di Parigi 2024. Anche per questo. "Le Paralimpiadi sono un momento di grande visibilità, e secondo me è bellissimo e fondamentale che vengano celebrate - conclude Micera - Tra l'altro, sebbene ispirate dal medico Ludwig Guttmann, le prime della storia si sono ufficialmente tenute nel 1960 proprio a Roma, da italiano sono orgoglioso di questo. Esiste anche un equivalente tecnologico, se vogliamo. Si chiama 'Cybathlon'. La cosa interessante è che sono in qualche maniera le 'Paralimpiadi 2.0'. Uno sguardo su quel che sarà: mentre nei Giochi paralimpici gli atleti usano tecnologie clinicamente consolidate, il Cybathlon è una gara tra persone che usano sistemi all'ultima frontiera dell'evoluzione tecnologica. L'ideatore è un professore dell'Eth di Zurigo, Robert Riener. Lo spirito è diverso, chiaramente. Però in qualche maniera è come se si vedessero quelle che saranno le Paralimpiadi magari tra 20 anni. Un anticipo di futuro".