L’avvocato che davanti ai magistrati di Milano ha parlato dell’esistenza della presunta loggia ‘Ungheria’ ospite in esclusiva della trasmissione
"Quando ho deciso di collaborare con la giustizia, peraltro non è che sto lì che mi piace tanto la medaglietta di collaboratore, ma nel momento in cui ho deciso una scelta di vita, o era una scelta radicale o non aveva senso". A dirlo, intervistato in esclusiva da ‘Piazzapulita’ su La7, è Piero Amara, l’avvocato che davanti ai magistrati di Milano ha parlato dell’esistenza della presunta loggia ‘Ungheria’ e i cui verbali sono stati poi consegnati, in copia word, dal pm milanese Paolo Storari all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo.
"Vengo arrestato nel febbraio del 2018 - spiega Amara -, quando vengo arrestato mi venivano contestate due ipotesi di corruzione che ad avviso dei miei avvocati erano in qualche modo deboli, che avrebbero potuto tranquillamente essere affrontate nel corso del dibattimento. Sono stato ristretto nel carcere di Regina Coeli circa cinque mesi, poi ho avuto un periodo di domiciliari. Quello è stato per me un momento di grande riflessione personale e morale, che mi ha convinto e che ha rafforzato dentro di me la forte, reale, determinata e decisa convinzione di collaborare con l’autorità giudiziaria".
"Per fortuna mia ho cercato, dopo aver reso queste dichiarazioni, di ricostruire attraverso colloqui e registrazioni dei fatti a mia tutela", ha sottolineato. "Io - aggiunge - ho registrato alcune di queste persone che fanno parte dell’associazione Ungheria".
"Nel momento in cui io ho cominciato a rendere quelle dichiarazioni e anche ad affidarmi al Dottor Storari, il quale a mio avviso in questa vicenda pecca solo di una ingenuità cosmica rispetto a quello che è successo, per non qualificarlo altrimenti, sono io - sottolinea - che mi sono posto il problema che domani c’è un’esigenza di riscontri". "Se lo avesse fatto un avvocato sarebbe in carcere probabilmente", dice poi Amara parlando della consegna dei verbali dal pm di Milano Storari a Davigo. "Conoscendo Storari, che è una persona certamente perbene, io penso che ne avrà parlato con il dottore Davigo... questo avviene nell’aprile nel 2020, quindi siamo in piena segretezza istruttoria. Era stato stabilito un percorso che prevedeva ancora diversi interrogatori", aggiunge Amara.
"La procura di Milano rinviene nel mio computer un file del 2015 ed era indirizzato ad una persona indicata come LL, che era Luca Lotti", continua Amara che aggiunge: "In questo documento si, tra virgolette, raccomandava la posizione di una serie o di magistrati o di altri funzionari dello Stato che avevano esigenze di varia natura".
"Comincio a parlare della loggia Ungheria - ha spiegato ancora Amara - perché in verità non so come la procura di Milano riuscì a rinvenire un file all’interno di un computer nella mia disponibilità, ed era un file, due file in realtà, in cui sostanzialmente si raccomandavano una serie di magistrati e alti funzionari dello Stato", dice l'avvocato, sottolineando come "neppure io ho conoscenza del perché del nome. Probabilmente è collegato a un fattore culturale, ma non mi è chiaro". Per Amara, "l'identificazione dell'associazione con la loggia massonica che ha i suoi riti non funziona".
"Il primo a parlarmi della loggia Ungheria fu il dottor Giovanni Tinebra", dice ancora l'avvocato, aggiungendo: "Nell’ambito di una certa parte della magistratura vi era un circolo più ristretto rispetto al quale inizialmente ho avuto l’onore di partecipare grazie all’invito del Dottor Tinebra. Fu lui il primo a pronunciarmi la parola Ungheria". "Questo è vero, tra di noi, soltanto la prima volta o se c’erano dei dubbi, ci riconoscevamo così", conferma quindi Amara parlando dei tre tocchi dell’indice sul polso per riconoscersi.
"Nell’ambito di un contesto più generale - continua l'avvocato -, che vi sono poi anche altri momenti che magari se Ardita li avesse letti probabilmente questa levata di scudi non l’avrebbe avuta, ma ora sono costretto a rispondere, perché magari avrò sbagliato la data, ma prima non è affatto vero che i rapporti di Ardita con Tinebra si interrompono e poi rimangono interrotti nel tempo. E questi sono elementi su cui io ho prove granitiche, perché Ardita e Tinebra litigano per un fatto specifico di cui non voglio parlare, ma poi ci fu una cena di riappacificazione alla quale parteciparono diversi magistrati". "Ardita sa che non è vero quello che ha detto", aggiunge Amara, "la levata di scudi è stata inutile per un verso".
E ancora: "Da un esponente dell’associazione venne data un’indicazione rispetto ad un concordato, ma il focus non era sul presidente Conte". L’ex premier Conte, aggiunge Amara, "viene citato non perché era lui l’oggetto di quella deposizione, in realtà Conte viene citato in relazione ai rapporti tra me e Michele Vietti".
"Certamente fino al mio arresto il gruppo di potere che si riconosceva in parte di questa associazione esiste ancora e io sono pronto a parlarne francamente con qualunque altro magistrato, non solo la procura di Milano", conclude Amara,