“Per quanto possa capire la necessita di gestire quell’unica orsa che potrebbe mettere a rischio la sicurezza delle persone e quindi il successo del progetto di reintroduzione nel suo complesso, in cuor mio auspico che si prenda in considerazione il suo confinamento in un’area faunistica, come avviene per molti animali selvatici che per diversi motivi non possono essere reintrodotti in natura. Non condivido le richieste della Provincia di Trento che di fatto metterebbe a rischio il futuro dell’intera popolazione di un animale importantissimo per la biodiversità alpina”. Lo dice all'Adnkronos Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf e storica figura dell'ambientalismo italiano, commentando il caso dell'orsa Jj4 in Trentino e schierandosi contro "azioni come la decimazione di una specie".
“I miei rapporti con gli orsi sono molto antichi. Soprattutto da quando, in una solitaria e finora deludente battuta di caccia all’orso in una foresta dell’Anatolia 60 anni fa (avevo meno di 30 anni) un’orsa con tre cuccioli mi passò a una ventina di metri. Da quel giorno la mia vita cambiò totalmente. E, da cacciatore, diventai protezionista. Proprio per questo -osserva Pratesi- il drammatico evento che ha portato alla morte del giovane Andrea Papi mi ha particolarmente scosso”.
“Nella mia ormai lunga vita -aggiunge- ho visto, frequentato e ammirato questo splendido animale in natura, sia nel Parco Nazionale di Yellowstone (dove recentemente è stato reintrodotto il lupo grigio), sia nelle grandi Riserve naturali del Kamchatka e delle Kurili, nelle ex riserve di caccia dell’Erzegovina ma soprattutto nella minacciata specie marsicana, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove gli orsi bruni locali convivono pacificamente con la popolazione umana”.
“Popolazione umana forse meno densa e più da secoli in rapporto con gli orsi che non in Trentino, zona in cui, nonostante i ripetuti tentativi di reintroduzione nel 1960, 1969, 1974, ci si era dovuti purtroppo convincere della sua definitiva estinzione. Fino a che, grazie a un finanziamento dell’Unione Europea e la collaborazione spontanea e generosa della Provincia di Trento, dopo uno studio di fattibilità, - spiega Pratesi - vennero liberati nel 1999 i primi orsi provenienti dalla Slovenia, dotati di radiocollari e di marche auricolari trasmittenti. Questa reintroduzione ha ottenuto, grazie all’azione gestita dal Servizio Faunistico della Provincia, grandi risultati, sempre diffusi in annuali Rapporti Grandi Carnivori, che testimoniano l’efficacia dell’opera di controllo su Orso, Lupo e Lince”.
“Se nel tragico episodio della morte del giovane runner si sono potute registrare carenze nella gestione della popolazione ursina, questo non giustifica azioni come la decimazione di una specie, finora oggetto di attenzioni di controllo, forse inadeguate e a volte inefficaci, ma sicuramente rivolte alla difesa della biodiversità alpina. D’altra parte il processo di rewilding oggi in corso in tutto il mondo (come le reintroduzioni del giaguaro in Argentina e nel sud degli Usa, i leoni africani nel Rwanda, il lupo nel Messico, il leopardo nell’Iran) e le misure di protezione della tigre che stanno portando a un suo ritorno anche in territori densamente abitati, sono segnali che confermano la crescita di una sensibilità nei confronti del Pianeta e della sua preziosa biodiversità di cui chi ama la natura non può che dirsi felice”.
(di Giselda Curzi)