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Caos procure, Palamara: "Siamo diventati casta e la politica ne faceva parte"

"Fino a quando non ci sarà una decisione definitiva io sono ancora un magistrato"

(Fotogramma)
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31 gennaio 2021 | 22.28
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"Ci siamo arroccati, siamo diventati una casta, di cui facevo parte anche io e la politica ne faceva parte. Il mio racconto non delegittima la magistratura, è per i magistrati". Così Luca Palamara intervenendo a 'Non è l'Arena' su La7. "Fino a quando non ci sarà una decisione definitiva io sono ancora un magistrato", aggiunge.

"In tanti nella magistratura mi hanno chiesto di raccontare la verità, spiegare come funziona il sistema. La più grande soddisfazione è stata sentirmi dire da un magistrato che il mio libro dice la verità. Io mi sono messo a disposizione delle varie autorità giudiziarie e sono disponibile a reiterare le mie affermazioni davanti alla I Commissione del Csm per un confronto" afferma Palamara.

Poi si sofferma anche sulla mancata nomina di Nino Di Matteo a capo del Dap. "E' il sistema che lo ha fatto fuori, Di Matteo non era assolutamente controllabile. In quel periodo si discuteva sui posti apicali al ministero, all'interno della magistratura c'è un problema di gelosie". Lo stesso 'sistema', aggiunge Palamara, "non poteva permettersi Gratteri ministro della Giustizia".

SALVINI - "E' necessario sorteggiare per evitare che le correnti si spartiscano i posti del Csm". Questa una delle 'ricette' per riformare la giustizia italiana proposte da Matteo Salvini, in collegamento con 'Non è l'Arena'. Palamara dice: "La riforma più temuta era proprio il sorteggio, avrebbe scardinato il sistema delle correnti'. "Io mi auguro che ci sia qualche procura che su quanto ha scritto Palamara nel suo libro apra dei fascicoli, perché ci sono segnati dei reati", aggiunge Salvini.

Quanto alla mancata nomina al Dap di Nino Di Matteo, "o mente Di Matteo o mente Bonafede. se mente il ministro della Giustizia è indegno che rimanga al suo posto", scandisce il leader della Lega. Che riferendosi allo stesso Palamara osserva: "Non vorrei che fosse usato come capro espiatorio da colleghi che hanno fatto di peggio".

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