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Brindisi, fornivano componenti Boeing 787 non a norma: "Pericolo per la sicurezza dei voli"

Un avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato dalla Procura della Repubblica di Brindisi

Boeing in volo - Agenzia Fotogramma
Boeing in volo - Agenzia Fotogramma
05 ottobre 2024 | 14.19
LETTURA: 4 minuti

Due società aerospaziali di Brindisi avrebbero messo a rischio la sicurezza dei voli, fornendo quasi cinquemila componenti non a norma per i Boeing 787.

Cosa è successo

Un avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato dalla Procura della Repubblica di Brindisi, che ha delegato la Guardia di finanza della città pugliese, nei confronti di sette persone e di due società ritenute, secondo l'accusa, coinvolte in una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di reati, dall’attentato alla sicurezza dei trasporti (in questo caso aerei), all’inquinamento ambientale, alla frode in commercio.

Attentato alla sicurezza dei trasporti

Due i filoni di indagine: il primo riguarda l'ipotesi di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in commercio, in forma associativa, da parte di amministratori, di fatto e di diritto, di due società brindisine attive nel settore aerospaziale, ai danni della Leonardo e dell’americana Boeing, aziende leader mondiali nella produzione di aeromobili per scopi civili e militari.

Un'operazione che ha preso origine da una indagine precedente, svolta sempre dalle Fiamme gialle brindisine, con il coordinamento della Procura della Repubblica, conclusasi nel 2021 e che aveva portato al sequestro dei compendi aziendali delle due società per ipotesi di bancarotta, all’arresto di tre responsabili e alla denuncia a piede libero di altri quattro indagati. Le investigazioni svolte dai finanzieri si sono concentrate sulle forniture di componenti aeronautiche cedute dalle aziende brindisine alla Leonardo-Aerostrutture per la produzione dei settori 44 e 46 del Boeing 787 Dreamliner, aereo di punta della multinazionale americana. E' emerso che, per la realizzazione di componentistica anche strutturale dei velivoli, veniva impiegato titanio commercialmente puro invece della prescritta lega di titanio, così come le leghe di alluminio utilizzate erano difformi da quelle previste, generando un notevole risparmio sull’acquisto delle materie prime da parte delle società fornitrici. Ciò ha comportato la realizzazione di parti aeree con caratteristiche di resistenza statica e allo stress notevolmente inferiori, con riflessi anche sulla sicurezza del trasporto aereo.

Gli accertamenti preliminari hanno portato al sequestro di circa 6.000 parti di aeroplano (cosiddetto Part Number) appositamente campionate per i successivi esami qualitativi, realizzate in materiale diverso da quanto previsto dalle specifiche di progetto. Le consulenze disposte dalla Procura della Repubblica di Brindisi e svolte da tecnici specializzati nel settore aerospaziale hanno certificato la non conformità di almeno 4.829 componenti realizzate in titanio e di almeno 1.158 componenti di alluminio. L’attività peritale e le indagini, condotte anche con rogatoria internazionale negli Stati Uniti d’America, si sono concluse accertando che alcuni componenti strutturali non conformi potessero, sul lungo periodo, compromettere la sicurezza dei velivoli, imponendo alla compagnia americana l’avvio di una campagna straordinaria di manutenzione degli aeromobili coinvolti. Le attività di indagine hanno visto la collaborazione fattiva, in qualità di parti offese, della Leonardo e della Boeing, grazie alle quali è stato possibile individuare le componenti aeronautiche non conformi, oltre che del Dipartimento di Giustizia americano e dell’Fbi. Questi ultimi hanno coadiuvato gli investigatori delle Fiamme Gialle e l’Autorità Giudiziaria nella fase dell’esecuzione della rogatoria internazionale.

Reati ambientali

Un secondo filone investigativo ha riguardato la presunta commissione, da parte delle stesse società, di reati ambientali. E' stato accertato lo sversamento in alcuni terreni della zona industriale brindisina di sostanze inquinanti pericolose derivanti dai processi chimici di trattamento delle superfici e dalla lavorazione meccanica dei metalli. L'indagine, curata da dalla Squadra Mobile della Questura di Brindisi, ha portato al sequestro di 35 cisterne contenenti ciascuna 1.000 litri di rifiuti speciali pericolosi, accertando l’avvenuto sversamento di altri rifiuti speciali pericolosi contenuti in 12 cisterne rinvenute vuote. Gli indagati, colti in flagranza di reato dal personale della Polizia di Stato, dopo aver rimosso una parte del muro di cinta tra le aree di proprietà, sono stati bloccati mentre svuotavano nel terreno altrui (della superficie complessiva di 1.960 metri quadrati) e nei pozzetti di drenaggio delle acque meteoriche, il contenuto delle 12 cisterne, pronti a svuotarne altre 5.

Inoltre, gli agenti hanno trovato in un locale aziendale altre 30 cisterne, stoccate illecitamente, contenenti lo stesso rifiuto. Ulteriori approfondimenti investigativi, condotti in sinergia tra la Squadra Mobile e i militari della Guardia di Finanza, anche attraverso il sorvolo con un elicottero dotato di termocamera del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Bari, hanno portato ad individuare un terreno, adiacente all'immobile produttivo di proprietà di una delle società incriminate, in cui gli investigatori sospettavano fossero state sversate illecitamente altre quantità di rifiuti speciali pericolosi. La consulenza successiva di natura tecnica effettuata sul terreno in questione avrebbe provato la contaminazione del suolo e del sottosuolo con sostanze inquinanti e nocive quali cromo, cromo esavalente, rame, zinco, stagno e idrocarburi, nonché delle acque sotterranee con mercurio, boro, antimonio, arsenico, cromo totale, nichel, piombo, cromo esavalente, rame, zinco, manganese, ferro e cloruri e, infine, della vegetazione circostante con rame, zinco e piombo.

La stessa consulenza ha consentito, inoltre, di constatare che l’inquinamento aveva interessato il terreno fino alla profondità di tre metri, in concentrazioni largamente superiori ai limiti, previsti dalla normativa per le zone industriali. Al termine delle indagini, la Procura della Repubblica del Tribunale di Brindisi ha emesso l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di sette persone e due società, le cui notifiche ai rispettivi destinatari sono state curate dalle Forze di Polizia che hanno condotto le indagini.

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