"Determinanti saranno i voti del nazionalista Ogan"
Forte del sostegno "incrollabile" dell'Anatolia, il presidente Recep Tayyip Erdogan, "finirà per vincere" al secondo turno, mentre per l'opposizione si tratta di "un'occasione persa". In ogni caso "determinanti" saranno i voti del terzo candidato alla presidenza turca, Sinan Ogan, che con oltre il 5% dei consensi sarà il vero ago della bilancia al ballottaggio. Questa l'analisi dell'ex ambasciatore italiano in Turchia, Carlo Marsili, che in un'intervista all'Adnkronos commenta i risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari che si sono tenute in Turchia.
Erdogan, abituato da 20 anni a trionfi elettorali, stavolta "ha ottenuto una vittoria a tre quarti", afferma Marsili, spiegando il suo ragionamento. "Intanto ha vinto le elezioni parlamentari e non era per nulla scontato. Questo gli assicura una governabilità maggiore se dovesse vincere al secondo turno e quindi metà della vittoria l'ha avuta. Inoltre ha ottenuto un numero di voti abbastanza superiore (quasi 2,5 milioni, ndr) a quello del candidato dell'opposizione Kemal Kilicdaroglu e non è lontano dalla maggioranza assoluta, anche se non l'ha raggiunta" e "per questo ho l'impressione che al secondo turno finirà per vincere".
L'ambasciatore ritiene "determinanti" i voti del nazionalista Ogan, un nazionalista con simpatie kemaliste fuoriuscito dall'Mhp, il partito alleato di Erdogan, e che ha ottenuto un risultato "sorprendente". "Vediamo come orienterà i suoi elettori, finora non si è pronunciato", prosegue Marsili, sottolineando come Ogan abbia tolto consensi a entrambi i candidati.
In campagna elettorale, ricorda l'ambasciatore, "Ogan, che non ama Erdogan, aveva fatto capire che avrebbe potuto appoggiare Kilicdaroglu, ma a condizione che quest'ultimo avesse detto pubblicamente di voler rinunciare ai voti curdi, una richiesta impossibile" visto che senza la spinta del voto curdo nelle province della Turchia sud-orientale lo sfidante di Erdogan "non sarebbe mai potuto arrivare" al 45%.
Per Kilicdaroglu ed i sei partiti che l'hanno appoggiato, invece, è stata "un'occasione persa", scandisce Marsili, evidenziando come nell'elettorato anti-Erdogan si fossero create "grandi aspettative" e ci fosse la forte convinzione di vincere alla luce dei sondaggi sia internazionali che interni.
Secondo l'ambasciatore, Kilicdaroglu "non ha guadagnato alcun voto rispetto a quelle che erano le sue roccaforti ad eccezione della spinta avuta dai curdi" dato che "ha vinto in tutte le province della costa mediterranea", dove l'opposizione aveva già vinto alle scorse amministrative, e nel sud-est a maggioranza curda, mentre quasi tutta l'Anatolia tranne Ankara ed Eskisehir ha votato a valanga per Erdogan come se il terremoto non ci fosse stato e non ci fossero problemi economici e un'inflazione molto alta".
Sullo scambio di accuse di "tradimento della democrazia" tra l'Akp, il partito di Erdogan, e l'opposizione, Marsili dichiara che in Turchia si è ripetuta "una storia abbastanza vecchia" cioè l'agenzia ufficiale Anadolu ha iniziato a rendere noti i dati dalle zone dove è più forte il governo, "questo credo capitasse anche da noi ai tempi della Democrazia Cristiana. In realtà i risultati sono stati accettati e tutta la Turchia oggi è tranquillissima. Se vince Erdogan ci saranno polemiche, se vince Kilicdaroglu ci potranno essere più problemi, ma il passaggio di poteri non sarà traumatico".
Marsili si aspetta ora due settimane di campagna elettorale "molto dura", con Erdogan che "si presenterà come uomo della stabilità, visto che ha la maggioranza in Parlamento e dirà che se vince l'altro ci saranno difficoltà a governare". Kilicdaroglu, dal canto suo, "continuerà con i temi della sua propaganda e batterà sul tasto dell'economa, dei diritti umani e della necessità di cambiare bandiera dopo 20 anni. Inoltre potrà anche rilevare come nella coalizione di Erdogan siano entrati tre deputati islamisti che invocano addirittura la sharia".