"Qui sono stati ricoverati i primi pazienti affetti dal virus; qui, per la prima volta, è stato isolato il Sars-CoV-2; qui sono stati implementati nuovi modelli organizzativi e di gestione clinica, terapie sperimentali, nuove metodiche e strumenti di testing"
"L'intenso triennio di lotta al Covid appena concluso ha rappresentato uno spartiacque decisivo per il Paese e il suo Servizio sanitario nazionale: dopo il ricovero della coppia di turisti cinesi il 29 gennaio 2020, nulla sarebbe stato più come prima. Abbiamo aperto strade nuove, dimostrando che una sanità performante e orientata alla tutela della persona è possibile. Una sanità dunque che non sia in grado solo di sconfiggere un virus, ma anche di prendersi cura della popolazione". Lo ha detto il direttore generale dell'Inimi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, presentando la relazione triennale 2020-2022 'Tre anni al servizio della persona'.
"Anni cruciali e difficili, durante i quali l'Istituto si è dimostrato un vero baluardo per il nostro Paese nella lotta contro la pandemia e ha rappresentato l'Italia nel mondo nel campo delle malattie infettive, proiettandosi oltre i confini nazionali - ha sottolineato Vaia - Qui sono stati ricoverati i primi pazienti affetti dal virus; qui, per la prima volta in Italia, è stato isolato il Sars-CoV-2; qui sono stati implementati nuovi modelli organizzativi e di gestione clinica, terapie sperimentali, nuove metodiche e strumenti di testing".
Sul Covid oggi prevale ottimismo. "Un ottimismo razionale, il nostro, che oggi, dopo tre anni dall'inizio della pandemia, possiamo dire giustificato - ha proseguito il direttore dello Spallanzani - tanto da spingerci a parlare ora di Covid-23: anche grazie all'immunità ibrida acquisita tramite vaccini e infezione naturale, il virus non è più lo stesso e, sebbene non ancora sottovalutabile, sarà sempre più controllabile, alla stregua di altri virus respiratori stagionali".
"Sin dai primi giorni della pandemia - ha rimarcato Vaia - il nostro sforzo è stato orientato a tenere ferma la consapevolezza che avremmo potuto farcela, senza mai sottovalutare il nemico, ma anche senza mai cedere al catastrofismo che purtroppo tanti danni, di carattere soprattutto psicologico, ha creato nel Paese, in particolare nelle fasce più fragili".
La storia. Da L'Aquila a Roma per la specializzazione in Igiene e Medicina preventiva come medico in formazione all'Inmi Spallanzani di Roma. Non un posto qualsiasi nel giugno del 2021, ma l'avamposto della lotta al Covid in Italia. "Sono arrivato nel mezzo della campagna vaccinale nel momento clou della fase 2 con le varianti che si affacciavano. E' stato un momento di grande crescita umana e professionale. Essere allo Spallanzani durante la pandemia era essere al centro di tutto con la pesante responsabilità di quello che facevamo perché il Paese ci seguiva. Il momento più emozionante? L'annuncio di Omicron a novembre 2021. Sembrava che tutto dovesse peggiorare e che fossimo vicini alla fine, ma lì il direttore Vaia ci ha aiutato parlando di 'ottimismo razionale' con i dati alla mano, con il costante rapporto con il Sud Africa che era stato colpito da Omicron per primo". A raccontare all'Adnkronos Salute è Alberto D’Annunzio, giovane medico specializzando.
"Il direttore Vaia ha rassicurato noi ma anche il Paese - aggiunge D'Annunzio - ho imparato da lui e dal suo staff la responsabilità di accompagnare un Paese di fronte a notizie che possono destabilizzare, come Omicron". Quale sarà il futuro del giovane specializzando? "Mi piacerebbe rimanere qui", risponde. A tre anni dalla pandemia, "oggi durante la presentazione della relazione del direttore Vaia sui tre anni di lavoro c'è stata molta emozione - racconta - per la prima volta abbiamo fatto un punto, ci siamo presi un attimo, dopo la lunga corsa contro il Covid, per guardare quello che era stato fatto e abbiamo visto dove siamo arrivati. Gli occhi di tanti colleghi giovani ed più esperti erano lucidi".