La testimonianza degli operatori
La cronaca ce lo ricorda ogni giorno: in tutto il mondo e in ogni settore la supply chain sta diventando uno degli aspetti più delicati - e più finora trascurati - da parte delle aziende, grandi e piccole che siano. Una recente ricerca condotta da Protiviti, società leader nel risk e business consulting, sui programmi di gestione dei rischi delle terze parti tra 550 manager di aziende ad ampio spettro, racconta che circa il 60% delle aziende si dichiara impreparato o poco preparato sul tema, con un forte divario tra i settori con livello di maturità superiore (come Financial Services, Insurance, Healthcare e Telco) e altri settori ancora più indietro (come Manufacturing, Automotive, Logistics). “Appare evidente - commenta Enrico Ferretti, Managing director Protiviti - che la maggioranza delle imprese deve ancora investire molto per raggiungere livelli adeguati di sicurezza e mitigare i rischi legati all’esternalizzazione di processi e servizi. Senza trascurare l’incidenza sempre maggiore di quelli che sono chiamati i supply chain attack: il più grave, nel 2020, è stato l’attacco alla piattaforma SolarWinds Orion con 17mila vittime. Un gruppo di hacker, sfruttando una falla nella rete, aveva inserito una backdoor in un aggiornamento software accedendo così alle reti di tutti i clienti di SolarWinds che, inconsapevolmente, hanno scaricato e installato l’aggiornamento malevolo sui propri sistemi. La cybersecurity è uno degli aspetti più cruciali anche sul fronte supply-chain”.
“La pandemia - aggiunge Daniele Civini, Head of Sales di Jaggaer in Italia, multinazionale leader nello spend management - ha sicuramente portato a un altro livello di attenzione il procurement aziendale. L’emergenza, che ha visto la quasi totalità delle aziende manifatturiere bloccate sia nell’importazione sia nell’export, ha costretto a riflettere sull’importanza di una qualificazione attenta dei propri fornitori, con particolare attenzione alla gestione dei rischi. Da un lato, i sistemi di e-procurement, come il nostro Jaggaer One sono sempre più sofisticati e vocati anche ad analisi predittive e offrono un aiuto proprio su questo fronte; dall’altro, le aziende, anche grazie al Pnrr, sono sempre più motivate a investire in digitalizzazione per assicurarsi il pieno controllo degli investimenti e dei costi. Una combinazione favorevole per un procurement più sostenibile”.
Tra i settori più colpiti dallo shortage di materie prime, spicca l’automotive, bloccata dall’assenza dei chip. Due aziende diversissime tra loro, l’iconica Tesla e l’italiana Silla Industries, hanno però trovato una soluzione, modificando in corsa circuiti stampati e firmware per diversificare le loro forniture, usando chip di produttori diversi e diluendo così l’aleatorietà degli approvvigionamenti.
Racconta Alberto Stecca, Ceo di Silla Industries, che produce a Padova colonnine per la ricarica di auto elettriche: “Abbiamo colto i primi segnali verso la fine del 2020 quando i fornitori cinesi hanno informato di un aumento dei prezzi e che, dopo il Capodanno, sarebbe stato difficile approvvigionarsi. Abbiamo quindi dirottato parte degli accantonamenti destinati agli investimenti per rinegoziare le forniture, aumentando le quantità e anticipando le consegne. Una scelta che è risultata vincente. In più, abbiamo iniziato a modificare i nostri prodotti così da assemblarli anche con componenti diversi. A spingerci in questa direzione è stata la constatazione che anche chip semplici avevano prezzi in rialzo e disponibilità sempre più scarsa, segnale che presto anche quelli più sofisticati avrebbero seguito il medesimo iter. E così è stato. Avere produzione e R&D in uno stesso luogo ci ha aiutato molto a reagire in corsa, ribaltando a nostro vantaggio la situazione”.
Anche il design made in Italy ha subito importanti conseguenze: tutti i gruppi leader della filiera (tessile, legno e pelle) hanno scelto in corsa di investire nel magazzino delle materie prime. “Le problematiche per chi fa impresa si accentuano, tra carenza di materie prime e aumento dei prezzi, aumenti di energia, gas e trasporti e la prospettiva, ahinoi, di una quarta ondata di Covid, con una responsabilità molto forte di ognuno di noi nei confronti dell’ambiente”, afferma Giancarlo Dani, presidente del Gruppo Dani, 170 milioni di ricavi nel 2020 e una previsione di incremento del 20% per l’anno in corso. “Siamo in arretrato - avverte - con le consegne, ma la richiesta è marcatamente rivolta alla fascia medio/alta con una ricerca di materiali di alta qualità e perlopiù a partire da origini europee. Questo comporta una riduzione dei margini perché, oltre alle pelli grezze, sono aumentati anche i costi dei prodotti chimici, dei trasporti e dell’energia. Ma la forza della conceria italiana è legata proprio al servizio, alla sua capacità di garantire consegne rapide e decine di colori pronti in magazzino. La qualità è fondamentale, ma oggi vince soprattutto chi riesce a soddisfare la domanda con più rapidità”.
Ma non è tutto: la maggior parte delle aziende europee, come evidenzia una ricerca promossa da Soldo, azienda leader dello spend management, ha aumentato la frequenza della revisione dei budget. “Il 69% dei Cfo intervistati ha segnalato un aumento della frequenza delle previsioni di budgeting durante la pandemia, perché l'agilità è uno strumento fondamentale per la mitigazione del rischio. Per garantirsi una visione più chiara del futuro, le aziende stanno adottando metodi più sicuri e insieme dinamici per assecondare le curve di modelli economici e politici in rapida evoluzione", sottolinea Davide Salmistrato, Country Manager di Soldo in Italia. "Stanno inoltre agendo, da un lato, con la spinta alla digitalizzazione e a una gestione sempre più oculata e rapida di tutte le spese aziendali e, dall’altro, con una pianificazione sempre più puntuale e prospettica per preservare la liquidità aziendale, senza perdere alcuna occasione per la crescita”, conclude.