Digital Business Transformation Company italiana fondata da Domenico Restuccia
Da startup ad azienda presente in quattro Continenti in meno di 20 anni, Techedge, la Digital Business Transformation Company italiana fondata da Domenico Restuccia, che ha chiuso il 2022 sfiorando i 300 milioni di ricavi, cambia nome e diventa Avvale, unendo sotto un unico nuovo marchio i suoi 3mila advisor digitali che supportano pmi e Fortune500 di tutto il mondo nella trasformazione in leader digitali del futuro, profittevoli e sostenibili. Non un semplice rebranding ma un cambio di passo e un’evoluzione da testimoniare anche nel nome che muta, per un’azienda che, nata a Milano nel 2004 come startup, continua a crescere a tassi elevati anno su anno (+25% nel 2022) supportando le imprese nella digitalizzazione.
“Le sfide climatiche, energetiche, geopolitiche e sociali ci impongono il superamento di uno schema di sviluppo lineare estrarre-produrre-utilizzare-gettare a favore di modelli più responsabili e circolari che su scala industriale possono essere abilitati solamente da processi ad elevatissima automazione e da prodotti sempre più intelligenti e connessi”, spiega Domenico Restuccia, Ceo di Techedge che appunto oggi cambia nome e unisce sotto un unico nuovo marchio, Avvale (www.avvale.com), ispirato alla radice latina di vălĕo (avere forza, stare bene, essere capaci di), i suoi 3mila advisor digitali distribuiti nel mondo tra Europa, Nord America, America Latina e Arabia Saudita.
L’ambizione del Gruppo, con headquarter a Milano e che lavora con colossi come Eni ed Enel e multinazionali come Lavazza e Alfasigma, è “supportare i clienti nel proprio percorso di trasformazione in leader digitali del futuro, profittevoli e sostenibili”, sottolinea Restuccia, ingegnere informatico di matrice umanistica che prima di fondare Techedge nel 2004 si è formato in Olivetti e poi in un’azienda tech tedesca di cui ha guidato la filiale italiana, e che oggi si divide tra Milano e Chicago dove si è trasferito dieci anni fa per seguire personalmente il mercato Usa.
“E' necessario ripensare il sistema operativo del modello di sviluppo corrente - avverte - e prendere atto che le tecnologie digitali e l’economia circolare sono i due mezzi più potenti che le aziende hanno a disposizione per centrare l’obiettivo e conciliare sostenibilità e profitto. Per poterlo fare, però, ci vuole visione e crediamo che il nuovo nome che ci siamo dati, Avvale, con una radice latina molto chiara nell’evocare il concetto di valore e per estensione quello di ingegno, rappresenti al meglio la responsabilità che sentiamo di sfruttare le competenze tecnologiche proprie del nostro Dna per lasciare un mondo migliore a chi verrà dopo di noi. In altre parole, vogliamo ribadire che la tecnologia è una leva per abilitare modelli di sviluppo più sostenibili; bisogna sapersene servire. Avvalersene, appunto”.
"Una consapevolezza cresciuta nel tempo e rafforzata dallo studio del biologo Ron Milo, pubblicato su 'Nature' nel 2020, secondo cui, senza un passaggio a ritmi sostenuti verso un’economia orientata al riuso e alla limitazione degli sprechi, la massa antropogenica, cioè la quantità degli oggetti solidi inanimati prodotti dall’uomo, continuerà a crescere imprimendo al pianeta un’impronta insostenibile", ricorda.
"Il cambiamento, che Avvale è determinata a mettere in campo, passa necessariamente per la tecnologia, che è ormai ovunque e l’uso che ne facciamo dà forma a ciò che ci circonda. Per questo, siamo determinati ad avvalercene per piegare la tradizionale catena del valore lineare basata sul consumo a favore di ecosistemi circolari, più efficienti e collaborativi, dove prodotti e materiali circolano al loro massimo valore, quanto più a lungo possibile, generando impatti positivi e crescita economica”, conclude.