Il trio di Berkeley agli I-Days regala un live sold out, il più grande mai tenuto in Europa, e celebra la sua storia
Una calda serata estiva, quasi 80mila persone arrivate da tutte le parti d’Italia e dall’estero e i Green Day che vogliono trasformare l'Ippodromo La Maura di Milano in un paradiso per gli appassionati di punk rock da arena. Cosa volere di più? Dopo il live dei britannici Nothing But Thieves, ormai una certezza del panorama rock internazionale degli ultimi quindici anni, ecco salire sul palco degli I-Days il trio di Berkeley. Per coloro che hanno vissuto sotto un sasso negli ultimi 40 anni (ebbene sì, si sono formati nel 1986) i Green Day sono la band ‘colpevole’ di aver portato il punk rock in vetta alle classifiche di tutto il mondo, generando una corrente che ha travolto l’industria discografica mondiale.
Era giusto 30 anni fa quando pubblicarono il loro terzo album ‘Dookie’ e da lì, in un crescendo vertiginoso, la band californiana è diventata un nome sempre presente quando si parla di mega tour e festival da tutto esaurito. Come questo concerto, che promuove il loro ultimo album ‘Saviors’ del 2024 ma è soprattutto una celebrazione della loro storia. Oltre ai 30 anni del sopracitato ‘Dookie’ quest’anno si festeggiano anche i 20 di ‘American Idiot’, altro classico dal loro sterminato catalogo (14 album in studio, senza contare raccolte e live), in alcune occasioni addirittura suonati entrambi, integralmente.
Quello di stasera è il più grande show tenuto dal terzetto in Europa. Loro ci tengono a dimostrare di essere ancora la band punk degli esordi, e il fatto di essere passati dai centri sociali ai grandi raduni non li ha cambiati più di tanto. Eccoli quindi presentarsi con un concerto-monumento da più di 35 canzoni, per oltre due ore di musica, con un tiro pazzesco, una scaletta che ripercorre tutto il loro sterminato repertorio, e tanto di fiamme e gonfiabili sul palco. Da quel famigerato ‘Dookie’ del 1994 con ‘Longview’ e ‘Basket Case’, tra gli altri, fino all’ultimo ‘Saviors’, dal quale viene il brano con cui aprono lo show, ‘The American Dream is Killing me’, che prende di mira la società del sogno americano e tutte le sue contraddizioni. Poi la carrellata di hit, da ‘American Idiot’ fino alle varie ‘Boulevard of Broken Dreams’, che Billie Joe intona avvolto nella bandiera italiana, la monumentale ‘Jesus of Suburbia’ e le intense e melodiche ‘Wake me up when September Ends’ e ‘Good Riddance’.
La caratteristica dei Green Day è quella di essere perfettamente a loro agio tanto nel pezzo punk da tre minuti strofa-ritornello quanto nella ballad acustica mai zuccherosa e questo grazie a una capacità eccezionale nello scrivere melodie e ritornelli inno. Il tutto sempre con un’attenzione particolare ai temi sociali e alla politica. Come i titoli di alcuni dei loro pezzi più famosi suggeriscono, i Green Day non hanno mai avuto paura di far sapere come la pensano su questo o quel presidente e su questa o quella guerra, insomma punk melodico sì, ma con il cervello sempre acceso.
Billie Joe Armstrong, con i fedeli compagni di avventura Mike Dirnt al basso e Tré Cool alla batteria, è in gran spolvero e con il pubblico è sempre un dare-avere per tutta la durata della performance. Il frontman è conosciuto per la sua coinvolgente presenza scenica e la sua interazione con i fan e spesso si rivolge all’audience in italiano. “Siamo ancora vivi” scandisce nella lingua dei suoi avi, che partirono proprio da un piccolo paesino della Basilicata presso il quale si è recentemente recato per ricevere la cittadinanza onoraria.
Come da consuetudine ormai consolidata durante ‘Know your enemy’ Armstrong invita anche una giovane fan sul palco a cantare, una tradizione dei concerti dei Green Day, che da sempre crea un momento indimenticabile. Proprio come questo evento, un viaggio nella memoria per una band eccezionale e la celebrazione di due album capolavoro che costituiscono un punto fermo nella storia del rock. (di Federica Mochi)