L’Italia si conferma, tra i 28 Paesi dell’Unione Europea, quello con il maggior prelievo di acqua potabile con 34,2 miliardi di metri cubi, 9,4 dei quali per uso civile. Al contempo, l’inizio del nuovo anno ha segnato un -75% delle precipitazioni rispetto al 2019, con una temperatura superiore di 1,65 gradi rispetto alla media storica. A fronte di fenomeni climatici estremi sempre più frequenti, per garantire nei prossimi anni un approvvigionamento sicuro di acqua potabile, sono necessari nel nostro Paese investimenti pari a 7,2 miliardi di euro: 3,9 nel Sud e nelle Isole, 1,9 al Centro e 1,3 al Nord. Lo evidenzia Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, che in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo presenta il manuale siccità.
In questi giorni di emergenza legata al coronavirus, spiega il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti, "i servizi pubblici essenziali dell’acqua, insieme a quelli di ambiente, energia e gas, sono regolari e garantiti, e continueranno ad esserlo da parte di tutte le imprese associate alla Federazione. La rapida organizzazione dei servizi rispetto alle attività operative e la disponibilità di tutti i dipendenti dei diversi settori, cui va il nostro ringraziamento, insieme all’adozione dello smart working e alla gestione digitale di diverse funzioni di contatto con la clientela, stanno consentendo continuare ad assicurare servizi fondamentali per tutti i cittadini".
"L’acqua del rubinetto, come hanno confermato recentemente l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, è di ottima qualità e assolutamente sicura rispetto ai rischi di trasmissione del virus: si tratta di un bene da preservare e, una volta finita l’emergenza, sarà necessario tornare a ragionare sulle azioni da mettere in campo per salvaguardarla, anche perché ci stiamo lasciando alle spalle un inverno eccezionalmente siccitoso”.
Il numero di investimenti infrastrutturali che dovrebbero essere realizzati per contrastare i fenomeni di siccità sono 734, pari a 50 euro per abitante l’anno per un periodo di 4 anni: si tratta di serbatoi, nuovi approvvigionamenti, riutilizzo delle acque reflue, riduzione delle dispersioni e interconnessioni tra acquedotti. Tra gli investimenti già pianificati, il 75% sono destinati a interventi per la costruzione di collegamenti di schemi idrici (3,1 miliardi) e per la riduzione delle dispersioni (2,3 miliardi).
Seguono gli investimenti per nuovi approvvigionamenti (606 milioni), per serbatoi e invasi (359 milioni), per dissalatori (202 milioni) e per il riuso delle acque reflue (43 milioni). La realizzazione di tali interventi comporterebbe una maggiore quantità di acqua disponibile – intesa come acqua recuperata o come acqua supplementare prodotta - stimata in 1,7 miliardi di mc/anno.
“Gli eventi siccitosi e quelli alluvionali – continua Valotti - non possono più essere considerati avvenimenti eccezionali ma eventi dalla ricorrenza ciclica, pertanto devono essere affrontati con interventi e processi strutturali sostenibili nel lungo periodo. Negli ultimi anni, il 50% delle risorse sono state dirottate verso i servizi di fognatura e depurazione, con l’obiettivo di superare le infrazioni comunitarie; ma per effetto delle modifiche introdotte nella nuova direttiva europea sulle acque potabili e per l’introduzione della regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato, si registrerà un incremento degli interventi sulla rete di distribuzione e per la riduzione delle perdite. Solo un massiccio piano di investimenti potrà consentire di affrontare i cambiamenti climatici e in particolare i periodi fortemente siccitosi”.