"La discarica deve essere lo strumento imprescindibile, importantissimo dal punto di vista ambientale, che consente di chiudere il ciclo della materia". Raffaello Cossu, già docente di Ingegneria Ambientale presso l’Università di Padova e oggi presidente del Cirs (Comitato Interdisciplinare Rifiuti e Salute), spiega all’Adnkronos che "una circular economy senza una chiusura del ciclo, cioè una discarica che prenda i materiali residui, non sarà possibile".
Per l’esperto, in tema di impianti per il trattamento dei rifiuti, che si parli di riciclo, trattamento termico o discariche, infatti, "il problema è di livello realizzativo, di come le fai queste cose".
Per quanto riguarda la discarica, "dipende da cosa ci metti dentro. Se ci metti rifiuti inadeguati posso avere dei rischi. Le discariche oggi come oggi, così come regolate dalle normative vigenti ("vecchie e inadeguate", dice), non sono sostenibili e producono terreni contaminati. Ma non per questo posso dire ‘non faccio la discarica’".
"L’importante è che siano adeguate, la discarica non deve essere vista come pattumiera dove va a finire quello che non ha trovato altrimenti collocazione", continua Cossu che ha dedicato la sua attività di ricerca al tema della gestione dei rifiuti.
Quindi, "quello che ho preso alla terra, ad esempio un minerale, deve tornare alla terra nella stessa forma, immobile, non contaminante in cui era quando l’ho prelevato". Da qui il "concetto della discarica come uno strumento per chiudere il ciclo della materia, per evitare che la materia sia intorno a noi", cioè che aumentino i livelli di concentrazione degli inquinanti.
"La carenza maggiore - spiega - è nella normativa che per proteggere da percolato e dai gas che possono venire dalle discariche predispone delle barriere fisiche: queste barriere prima o poi si rompono, non sono eterne. Con le normative attuali se mi propongono la discarica vicino a casa mia io sarei in piazza a protestare pur ritenendo che una discarica usata in modo diverso sia uno strumento imprescindibile nella gestione dei rifiuti".
Più in generale, "le tecnologie (per la gestione dei rifiuti, ndr) sono tre: trattamento termico che riduce i volumi, discariche di materiali non contaminanti o trattati, recupero e riciclaggio, un dosaggio tra questi è inevitabile".
Quanto al trattamento termico dei rifiuti, sottolinea, "non è una scelta da tifoseria". “Molti vorrebbero proporlo per produrre energia - precisa - in realtà in tutto il mondo non lo si fa per produrre energia ma è lo strumento che si usa quando non c’è spazio per i rifiuti. In tutte le aree dove c’è una congestione di popolazione e attività si è costretti a fare di necessità virtù, perché con il trattamento termico il volume dei rifiuti si riduce del 90%”. Tra l’altro l’uso del termine termovalorizzatore è “fuorviante, viene usato per imbonire la gente, andrebbe chiamato termoriduttore, cioè che riduce il volume dei rifiuti”.
"Può anche darsi, in un futuro che al momento vedo ancora lontano - dice, parlando della situazione italiana - che si riesca, con un forte recupero dei rifiuti, che ha ancora tante difficoltà tecniche per la bassa qualità della raccolta, e con filiere che si chiudono attraverso la produzione di nuovi materiali, a ridurre il trattamento termico di moltissimo".