Il porto di Venezia interviene sulla strategia BRI al XVIII Forum Economico dell’Europa centro-orientale in corso da ieri in Polonia fino a domani. Si tratta della Conferenza più rilevante nell’area dell’Europa centro orientale su questioni geo-politiche: l’evento, infatti, che ha cadenza annuale, conta oltre 4000 presenze tra politici, economisti, sociologi e rappresentanti dei media provenienti da 60 Paesi di tutto il mondo.
L’obiettivo della tre giorni quello di proporre stimoli e strumenti volti a favorire le relazioni tra Paesi UE e Paesi vicini e affrontare le sfide che possono condizionare lo sviluppo dell’intera macro-area, grazie alle “ricette” risultanti dal confronto tra esperti a livello mondiale. Venezia è stata chiamata ancora una volta a intervenire su minacce-opportunità di una delle sfide più ardue, ossia il piano cinese della BRI, che alcuni considerano un potente driver di sviluppo per traffici e investimenti e altri reputano un rischio politico, tenuto conto delle diverse posizioni in merito di altre grandi potenze mondiali, come gli USA.
Riguardo alle opportunità per l’Italia e in particolare per lo sviluppo della sua logistica per via marittima e gli scambi con l’export, il presidente dell’Autorità di Sistema dell’Adriatico Settentrionale, Pino Musolino, ha evidenziato che “le opportunità innegabili che si sono create grazie alla BRI sono sotto gli occhi di tutti: in un momento di riflusso, in alcune parti del mondo, rispetto a globalizzazione e interconnettività, l’ambiziosa azione cinese riporta al centro del palco l’Eurasia e le rotte che giungono nel Mar Mediterraneo e ciò apre nuove prospettive di crescita per i Paesi e per le economie dell’area; questo però non significa che BRI non presenti anche vaste aree “d’ombra” che solo ora cominciano ad emergere con chiarezza”.
Già da un anno il porto di Venezia sta studiando e approfondendo sul campo i potenziali effetti della strategia cinese con diverse missioni non solo in Cina, ma anche in Indonesia e Georgia in modo da raccogliere importanti riferimenti sullo scenario geo-politico in cui la portualità veneta deve competere. Anche sulla base di queste esperienze, Venezia dunque porta il suo contributo al panel di oggi su “Cooperation along the New Silk Road: political risks and economic opportunities”, moderato da Sergey Afontsev, esponente dell’Accademia delle Scienze russa, e raccoglie a dibattito ricercatori di Armenia, Kazakistan, Emirati Arabi Uniti e Italia, rappresentata dal Porto di Venezia.
“Le minacce della BRI vanno via via delineandosi”- sottolinea Musolino – “come ad esempio la politica dei prestiti per infrastrutture che per alcuni Paesi si potrebbe tradurre in una “trappola del debito”, la chiara intenzione cinese di espandere la propria area di influenza ben oltre l’Indo-Pacifico, il crescere di tensioni geopolitiche che potrebbero portare a reazioni da “trappola di Tucidide” da parte della potenza americana, di cui la guerra dei dazi in atto potrebbe essere il prologo”. “Se non consideriamo dunque anche queste “ombre” – continua – “tutti questi elementi potrebbero, nel medio periodo, portare a risultati opposti a quelli perseguiti, cioè maggiori conflitti, minori traffici, protezionismo”.
Per Venezia dunque l’atteggiamento da tenere è di estrema attenzione e pianificazione accurata di tutti gli step che portano al coinvolgimento italiano nel progetto cinese. “In termini pratici” – chiarisce Musolino – “per l’Europa e l’Italia questo significa perseguire accordi che mirino alla piena reciprocità per quanto riguarda gli Investimenti Diretti Esteri, la possibilità per le imprese italiane ed europee di avere parità di accesso ai mercati cinesi, una oculata e attenta pianificazione delle infrastrutture da realizzare, per evitare la realizzazione di opere che non si potranno sostenere economicamente e finanziariamente” - e chiude - “BRI deve essere effettivamente quel ponte tra il Regno di Mezzo e il resto del mondo, ma si deve sviluppare ora con serietà e attenzione, evitando facili quanto pericolosi superficiali entusiasmi”.