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Olio d'oliva contro il cancro, 3 cucchiai al giorno riducono il rischio di morte

Lo studio della Fondazione Veronesi-Neuromed: il consumo regolare fa bene e non solo al cuore

Olio d'oliva
Olio d'oliva
20 maggio 2024 | 14.34
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Tre cucchiai di olio d'oliva al giorno allungano la vita. "Il suo consumo regolare" può "associarsi a una ridotta mortalità non solo per le malattie cardiovascolari, ma anche per i tumori" e per altre cause. Lo suggerisce uno studio italiano firmato da Fondazione Umberto Veronesi Ets e Irccs Neuromed, che ha analizzato i dati di quasi 23mila persone seguite per oltre un decennio. I risultati del lavoro sono pubblicati sull''European Journal of Clinical Nutrition'.

La ricerca è stata realizzata nell'ambito del Progetto Umberto, condotto dalla Piattaforma congiunta tra Fondazione Veronesi e Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell'Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), in collaborazione con la Clinica mediterranea Cardiocentro di Napoli e l'università Lum 'Giuseppe Degennaro' di Casamassima (Bari), con il contributo non condizionante dell'azienda Monini.

"I benefici del consumo di olio di oliva sono ampiamente documentati in letteratura, soprattutto in relazione alla salute cardiovascolare - ricorda Emilia Ruggiero, primo autore dello studio e ricercatrice finanziata da Fondazione Veronesi presso il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione Neuromed - Tuttavia, si sa ancora poco sugli effetti dell'olio di oliva in relazione ai tumori e la maggior parte dei dati disponibili proviene da popolazioni non mediterranee. Ecco perché abbiamo voluto indagare il ruolo di questo alimento cardine della dieta mediterranea anche in relazione alla mortalità per tumore, utilizzando i dati raccolti dallo studio Moli-sani, una delle coorti di popolazione più grandi d'Europa".

Perché l'olio d'oliva fa bene

Considerando le abitudini alimentari dei partecipanti, la ricerca indica che "consumare più olio d'oliva è legato a minori tassi di mortalità non solo per malattie cardiache, ma anche per cancro e tutte le altre cause di morte, indipendentemente dalla qualità generale della dieta". Il gruppo studiato - descrive una nota - comprendeva 22.892 persone, di cui 11.976 donne e 10.916 uomini con un'età media di 55,4 anni al momento dell'inclusione nello studio, che in media consumavano 23,3 grammi di olio d'oliva al giorno.

Coloro che consumavano più olio d'oliva riportavano meno problemi di salute cronici, consumavano più frutta, verdura, legumi e pesce, e bevevano meno alcol. Durante un periodo di oltre 12 anni di follow-up, si sono verificati 2.566 decessi, di cui 939 per cancro, 910 per malattie cardiache e 723 per altre cause. Consumare 3 o più cucchiai di olio d'oliva al giorno è stato associato a una minore probabilità di morte per qualsiasi causa. L'analisi dei biomarcatori ha mostrato che un consumo più elevato di olio d'oliva ha ridotto rispettivamente del 21,2% e del 13,7% il rischio di mortalità per tutte le cause e per cancro, rispetto a consumi più contenuti (un cucchiaio e mezzo o meno).

"Questi risultati - afferma Marialaura Bonaccio, co-principal investigator della Piattaforma congiunta Fondazione Veronesi-Irccs Neuromed -confermano il beneficio del consumo regolare di olio d'oliva per la salute cardiovascolare, che è associato alla riduzione di un quarto dei decessi dovuti a patologie cardiovascolari. Ma il dato più interessante è che, rispetto a un consumo inferiore a un cucchiaio e mezzo, il consumo quotidiano di olio di oliva in quantità uguali o superiori a 3 cucchiai da tavola è associato ad una riduzione del rischio di mortalità per tumore".

"Questi dati suggeriscono ipotesi molto interessanti - commenta Maria Benedetta Donati, principal investigator della piattaforma - Infatti la riduzione di mortalità per tumore appare spiegata, seppure parzialmente, da un miglioramento del profilo di alcuni fattori di rischio tipicamente legati alle patologie cardiovascolari. E' un'ipotesi che affascina molti ricercatori: malattie croniche diverse, come ad esempio tumori e infarto del cuore, potrebbero condividere gli stessi fattori di rischio e gli stessi meccanismi molecolari. In altri termini, esisterebbe un 'terreno comune' da cui si originano queste patologie".

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