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La mototerapia e il taxi galeotto, l'inventore: "Per un sogno di bimba invento unicorni"

L'idea 14 anni fa dopo un incontro su una vecchia auto sudicia a Mosca. "Ho capito che volevo donare la mia passione agli altri"

Il campione di freestyle motocross, Vanni Oddera (Foto dal profilo Facebook)
Il campione di freestyle motocross, Vanni Oddera (Foto dal profilo Facebook)
21 febbraio 2024 | 19.48
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"Alcune settimane fa sono stato all'ospedale Gaslini di Genova. C'era una bimba, Azzurra di 5 anni. Sì, le è piaciuto andare in moto, però il suo sogno sono gli unicorni. La settimana dopo, con dei miei amici che vanno a cavallo e una mia amica che ha il maneggio, le abbiamo fatto una sorpresa: l'ospedale l'ha fatta uscire e lei ha trovato un 'unicorno' vero nel bosco. Ognuno di noi ha da regalare esperienze uniche a chi ha bisogno. La mototerapia è questo". Lo spiega così Vanni Oddera, 43 anni, campione di freestyle motocross, inventore della mototerapia. Oggi la Camera ha dato il via libera a una legge per il riconoscimento e la promozione di questa realtà nata da una sua idea, ormai più di 14 anni fa, provvedimento che ora passa all'esame del Senato. Un via libera su cui c'è chi ha espresso preoccupazione, come il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Giuseppe Faraone, per il fatto - ha detto - che in Parlamento "si discuta una proposta di legge su un'iniziativa non validata dall'Istituto superiore di sanità".

Che valore aggiunto può dare la mototerapia? "Per tanti bimbi, per tante disabilità, la moto è un grandissimo ostacolo - sottolinea Oddera all'Adnkronos Salute - ma riuscire a salire" in sella "e correre via vuol dire superare questo ostacolo. E questo offre maggiori certezze di poter riuscire a fare nella vita tante più cose di quelle che si pensavano. Poi la moto è adrenalina, genera endorfine, ti fa star bene - sorride - come tante altre cose nella vita. Quello che noi vediamo è che quando entriamo negli ospedali con le moto, si trasforma tutto l'ospedale: non è più un luogo di cura, diventa un 'circo' per tutti, ci si diverte e i bimbi ritornano ad essere bimbi, non più pazienti. Anche le famiglie si staccano da quella cruda e dura realtà e gli stessi medici e infermieri".

Ne è passato di tempo da quel 2009, quando tutto è cominciato. "Avevo appena finito una gara internazionale a Mosca, ero arrivato sul podio e mi aspettava la festa - racconta - Ho preso il primo taxi sotto l'hotel, un taxi molto scassato e arrugginito. Appena dentro, ho sentito una forte puzza di piscio. Anche in maniera sgarbata ho detto al conducente: dai, veloce. Lui si è girato, ho visto nei suoi occhi un uomo come me. La differenza era che io avevo avuto molta più fortuna nella vita, lui meno. Era un uomo senza gambe, aveva questi comandi rudimentali al volante. Quella notte diedi la mia vincita al tassista e me ne tornai in hotel. Lì ho iniziato a chiedermi cosa avrei potuto fare per cambiare il mondo intorno a me in meglio. Ho pensato di regalare la mia passione agli altri. Sono tornato a casa, nel mio campo di allenamento, ho cominciato a invitare le associazioni disabili della zona. Non mi allenavo più solo per me stesso, ma per gli altri. Poi un bimbo mi chiese di salire sulla moto. Appena partiti mi disse: che bello sentire il vento in faccia anche quando non c'è. Mi si è aperto un mondo".

Per questo, pensando al via libera della Camera, Oddera ha scritto su Facebook che sperava di "vivere una giornata potente" come quella di oggi, da quando il primo bimbo della mototerapia è salito con lui sulla sua moto. Che magie si possono creare? Per spiegarlo l'atleta torna agli aneddoti: "Un po' di anni fa eravamo andati in Sicilia. Faceva molto caldo. Su una macchina, talmente vecchia e arrugginita che si scrostava la vernice al sole, c'erano un papà, una mamma e tre bimbi, tutti e tre autistici. Ho provato a farli salire in moto con me, con il terzo di loro ci ho impiegato quasi un'ora e mezzo, ma una volta in sella si è proprio liberato. Il giorno dopo la mamma mi ha detto che la notte stessa il ragazzino ha iniziato a dormire da solo. Quando trovi la chiave di lettura riesci a far fare un sacco di cose ai ragazzi con queste tipologie di malattie".

E la 'famiglia' della mototerapia continua a crescere. "Noi ogni fine settimana abbiamo gare o eventi o demo sportive di freestyle motocross. Da anni, quando andiamo a fare queste demo sportive dedichiamo mezza giornata alla mototerapia, chiamiamo le associazioni, chiamiamo i ragazzi, ci organizziamo prima. Li facciamo venire lì, 'saltiamo' per loro, e poi li portiamo in moto. Riusciamo a raggiungere praticamente tutta l'Italia. In Italia siamo noi del team di freestyle motocross DaBoot che stiamo portando avanti questa cosa da 14 anni. Però adesso abbiamo creato una rete intorno di centinaia di persone in tutta Italia, che non sono piloti, ma persone che fanno lavori differenti, chi il commercialista, chi il muratore, chi il falegname. Perché comunque la mototerapia vuole lanciare questo messaggio: donare il proprio tempo di qualità, la propria passione che si ha agli altri. Non sempre deve essere la moto, non devi fare i 'salti mortali' per far stare bene gli altri", chiarisce.

La volontà del campione, "oltre ad abbattere barriere", è stata infine anche quella di superare i confini geografici: "Ho scelto anche dei gruppi di piloti in tutto il mondo. E loro ora stanno portando avanti la mototerapia in Spagna, in Russia, in Sudamerica, in Francia", conclude.

UNA LEGGE SULLA MOTOTERAPIA - "Il fatto che possa nascere una legge sulla mototerapia è una grandissima soddisfazione. L'idea è che serva per tutelare intanto la mototerapia, che deve essere una 'terapia complementare' gratuita. Per tutti quelli che ne vogliono usufruire: ragazzi con disabilità, bimbi malati oncologici, ospedali. E' la cosa che mi preme di più". Lo ripete più volte Oddera.

La gratuità è uno dei punti, evidenzia. "E poi - continua - far sì che chi vuole iniziare questo percorso per fare mototerapia segua dei corsi, sia formato nel tempo. E quando diventerà pilota per portare i ragazzi con disabilità, dia però anche continuità al progetto. Perché adesso, purtroppo, ci sono tanti emulatori che lo fanno non in sicurezza e in più lo fanno una o due volte e poi lasciano stare. Questo può comportare una crisi, magari, in bimbi o pazienti che la provano una volta, vorrebbero rifarlo, e poi non possono più. Bisogna dare continuità al progetto. E una legge deve fare questo: anche con la federazione italiana del motociclismo cercare di regolamentare bene, ad hoc, quella che è la mototerapia".

Il sì della Camera al provvedimento "è una grandissima soddisfazione. Una legge sarebbe un gran bel 'finale' per aprire un nuovo futuro a livello sociale sulla disabilità - riflette Oddera - Perché la mototerapia, nata nel 2009 da una mia idea, è stata un po' una testa d'ariete, una cosa nuova che ha iniziato ad abbattere un sacco di barriere. E' giusto che tutte le cose belle che troviamo noi nella vita siano alla portata di tutti. La moto, per esempio, a me regala grandi emozioni e non è giusto privare i ragazzi con disabilità di questo oggetto di libertà che è la moto".

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