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Aids, infettivologo Guaraldi: "Con terapie long acting cambia percezione malattia"

‘Sono 140mila italiani con virus Hiv. L’idea di un’iniezione ogni 2 mesi ha cambiato lo stigma associato all’infezione’

Foto di repertorio - FOTOGRAMMA
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02 dicembre 2024 | 16.44
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“In Italia sono 140.000 le persone che vivono con Hiv. Grazie alle terapie antiretrovirali questa malattia adesso è divenuta cronica, le persone con Hiv hanno la stessa speranza di vita delle persone Hiv negative, questo almeno per quei pazienti che iniziano la terapia antiretrovirale in una condizione immunologica buona. Inoltre, abbiamo a disposizione terapie long acting, con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane: farmaci che avevamo già sotto forma di compresse, essenzialmente appartenenti a classi già disponibili da almeno dieci anni. Tuttavia, l’idea di una somministrazione long acting, in cui il paziente non deve più assumere una compressa quotidianamente, ma riceve un’iniezione ogni 2 mesi, ha completamente trasformato il livello di percezione. Ha cambiato lo stigma associato all’infezione da Hiv, percepita dal paziente stesso”.

Lo ha detto Giovanni Guaraldi, professore di malattie infettive all’Università di Modena e Reggio Emilia, uno tra i maggiori studiosi di clinica metabolica e immunosenescenza, intervistato da Mondosanità in occasione del World Aids Day 2024, la giornata mondiale dedicata ad accrescere la coscienza dell'epidemia mondiale di Aids dovuta alla diffusione del virus Hiv, che si celebra il primo dicembre di ogni anno.

“Le terapie attualmente disponibili – spiega Guaraldi – sono combinazioni di due o più principi attivi. Esistono studi comparativi che analizzano l’efficacia di associazioni di due e tre farmaci. Le attuali linee guida riconoscono come caposaldo la classe degli inibitori dell’integrasi, che possono essere associati a varie altre classi, come i farmaci nucleosidici o gli inibitori delle proteasi. L’obiettivo della terapia antiretrovirale non è più semplicemente quello di ‘uccidere’, in pratica neutralizzare il virus, ma punta a salvaguardare la salute del paziente nella sua complessità. Pertanto, una terapia efficace deve essere orientata verso il benessere complessivo del paziente. In passato, eravamo principalmente preoccupati per le tossicità dei farmaci, e la scelta terapeutica si concentrava nell’evitare la tossicità renale, la tossicità cardiaca o il rischio di dislipidemia. Oggi, piuttosto, ci si aspetta una terapia che consideri l’intero stato di salute del paziente, integrando gli antiretrovirali, a seconda dei casi con statine, con farmaci GLP-1, con antipertensivi o con gli antidepressivi”.

La scelta della terapia, secondo lo specialista “è dettata da criteri spefici”. Quando “valutiamo il beneficio della terapia e il suo impatto sulla salute – sottolinea Guaraldi - cercherò di comprendere quali sono i patient reported outcome, le condizioni che fanno sì che una specifica terapia, per un paziente specifico (non esisterà mai una terapia adatta a tutti), ottenga il miglior successo. Oggi questa condizione è stata analizzata attraverso un approccio mirato, che non solo consente di ridurre il carico farmacologico a una singola compressa, ma soprattutto offre la possibilità di terapie somministrate in modo dilazionato”.

“Attualmente, abbiamo a disposizione terapie long acting, con somministrazione intramuscolare ogni 8 settimane ma già sappiamo che avremo terapie long acting orali, con una compressa a settimana, e ultra long acting, che rappresentano il nostro grande obiettivo futuro, in cui potrò gestire la terapia antiretrovirale essenzialmente con un’iniezione ogni sei mesi. Questo rappresenta un cambiamento significativo, che si avvicina a quello che teoricamente mi sarei aspettato da un vaccino terapeutico, nel quale avrei sicuramente dovuto effettuare anche dei booster vaccinali”.

Infine, sul fronte prevenzione dell’infezione. “In Italia siamo un po’ un fanalino di coda rispetto al resto dell’Europa – sottlinea l’infettivologo - è soltanto da un anno che il nostro Ssn ha riconosciuto la profilassi pre-esposizione (PrEP) come strumento di sanità pubblica per la prevenzione delle infezioni da Hiv. È importante chiarire che le strategie di prevenzione dell’Hiv non vanno in una unica direzione, ma offrono un ventaglio di possibilità per consentire a ogni persona di tutelarsi, soprattutto nel contesto delle malattie a trasmissione sessuale, essendo l’Hiv una malattia principalmente di questo tipo”.

“Noi sappiamo di avere a disposizione una terapia antiretrovirale, una combinazione di soli due farmaci, in grado virtualmente di azzerare il rischio di infezione per le persone che, pur avendo avuto comportamenti sessuali a rischio, non si infettano se assumono questa terapia in modo continuativo, con una compressa ogni giorno, oppure nella modalità on demand, ossia solo in occasione di un comportamento sessuale a rischio. Questa terapia - conclude Guaraldi - è uno degli strumenti di prevenzione basilari. Ricordiamo che il condom è un altro strumento efficace di prevenzione, così come gli stili di vita rientrano nella prevenzione”.

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