Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos
"La legge sulla par condicio venne varata anni e anni fa con due intenti. Il primo era quello di regolare la contesa tra i partiti garantendo a tutti le stesse, identiche possibilità di accesso al pubblico. Il secondo era quello di limitare il potere (diciamo pure lo strapotere) televisivo di Berlusconi. Così, il centrosinistra ne fece a lungo una bandiera, il centrodestra un bersaglio.
Da allora, ovviamente, molte cose sono cambiate e oggi quella stessa legge viene vissuta con un certo disagio dal Pd, che s’è vista sfumare l’occasione del faccia a faccia tra la segretaria Schlein e la presidente Meloni. E in compenso evocata come una provvidenziale garanzia dal leader di Forza Italia Tajani che grazie al rigore di quelle disposizioni può evitare il duello di cui sopra, già quasi allestito nel salotto televisivo di Bruno Vespa. Singolare rovesciamento delle parti di appena qualche mese fa.
Chi ha la pazienza di ricordare le polemiche del passato ha di che sorprendersi. Soprattutto ricordando le denunce espresse a suo tempo da Berlusconi. A cui sembrava del tutto legittimo allentare le briglie di quelle regole consentendo ai partiti di quella stagione di ricorrere agli spot televisivi per raggiungere un pubblico più ampio. E tanto meglio se la sua azienda ne avrebbe potuto trarre un beneficio anche economico. Ragione per la quale ovviamente chi denunciava allora il conflitto di interessi voleva invece tenersi strette e care le regole volte a impedire tutto questo.
Ora però la fantasia della politica, l’evoluzione dei costumi e la variabilità delle convenienze hanno largamente rovesciato gli schemi di appena qualche anno fa. Un po’ perché è cambiata la geografia delle forze in campo. E un po’ perché l’onda di piena dei social network ha finito per rendere meno cruciali i rigorosi e astuti conteggi a cui eravamo tutti appesi fino a qualche tempo fa. E così abbiamo visto appunto in questi giorni un vero e proprio capovolgimento della parole d’ordine recitate con un eccesso di vigore polemico di cui s’era appena spenta l’eco.
A questa nuova edizione dell’antica disputa s’è aggiunta poi la voce dell’Agcom, l’autorità cui spetta in questa materia l’ultima parola. La quale Agcom, sollecitata dalla Rai, ha pensato bene di formulare un criterio tutto suo, in base al quale il famoso duello Meloni-Schlein chez Vespa si sarebbe potuto svolgere se e solo se almeno cinque delle otto liste principali avessero dato il loro consenso. E avendo riscontrato che quattro liste erano favorevoli e quattro contrarie ha di fatto cancellato dal palinsesto il duello di cui sopra.
Criterio rigorosamente matematico, che vale quel che vale però. Infatti le otto liste non hanno sulla carta lo stesso peso numerico. E se invece si debbono azzerare i consensi che hanno raccolto l’ultima volta per metterle davvero tutte sullo stesso piano, non si comprende perché mai da questa faticosa contabilità vengano escluse le liste minori che concorrono anch’esse alla campagna cui s’è appena dato inizio. Insomma, un vero e proprio guazzabuglio.
Il fatto è che nel frattempo è la politica, tutta la politica, ad attrarre una curiosità sempre minore. E anche questa campagna rischia di culminare nell’ennesimo trionfo del partito delle astensioni, l’unico che appare purtroppo in gran forma. Proprio per questo sarebbe forse arrivato il momento di rivedere le vecchie regole e favorire una comunicazione elettorale altrettanto equa ma meno ingessata di quella a cui ci siamo abituati negli ultimi anni.
S’intende che è piuttosto ovvio che ogni partito faccia i conti con quel che più gli conviene, rendendo infine più difficile ogni cambiamento in materia. Ma forse, giunti a questo punto, sarebbe il caso di cominciare a interrogarsi su una legge a maglie un pochino più larghe, che consenta quel tanto di flessibilità utile a tenere meglio insieme il diritto dei partiti e quello del pubblico". (di Marco Follini)