
Fitta l'agenda e sensibile lo spettro delle tematiche affrontate dall'organo consultivo del Consiglio d'Europa - C'è anche il rapporto straordinario sulla possibilità per le Corti costituzionali di annullare le elezioni
Si accendono i riflettori sulla 142esima sessione plenaria della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, anche soprannominata Commissione di Venezia dal nome della città in cui si riunisce. Tra domani e sabato l'organo consultivo del Consiglio d'Europa, di cui fanno parte 46 paesi europei e cinque stati osservatori (Canada, Santa Sede, Giappone, Messico, Stati Uniti) non più la Russia, si riunirà presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. All'attenzione della Commissione, composta da due membri rappresentanti per stato, saranno posti i "pareri" su questioni rilevanti e calde che gli stati membri, o l'Assemblea, o il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa hanno chiesto e che questo weekend i membri rappresentanti degli stati dovranno votare.
Fitta l'agenda e sensibile lo spettro delle tematiche affrontate. Tra i pareri che andranno al voto per la definitiva approvazione degli stati membri: le elezioni in Kosovo; l'espropriazione della proprietà per garantire l'interesse pubblico prevalente in Armenia; il parere su una bozza di legge sulla Corte costituzionale in Moldavia; quello sugli emendamenti al codice delle infrazioni amministrative e sulle assemblee e manifestazioni in Georgia; gli standard europei e internazionali sull'uso delle lingue delle minoranze nella vita pubblica e nei procedimenti giudiziari in Macedonia. Ma il dibattito ed il voto più atteso è quello sul parere richiesto da Theodoros Rousopoulos, presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Apce), sulle condizioni e le norme giuridiche in base alle quali una Corte costituzionale potrebbe invalidare le elezioni. Una richiesta che ha tratto spunto da alcune questioni sollecitate dal recente caso in Romania, primo stato membro dell'Ue in cui le elezioni sono state invalidate.
Il rapporto (redatto da Marta Cartabia, Italia; Christoph Grabenwarter, Austria; Eirik Holmøyvik, Norvegia; Oliver Kask, Estonia; Inga Milašiūtė, Lithuania; Angelika Nussberger, Germania) tuttavia non approfondisce i fatti del caso rumeno né valuta la decisione della Corte costituzionale rumena rispetto alla invalidazione della elezione di Georgescu, il cui ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo è stato nei giorni scorsi respinto. Conferma però che una Corte costituzionale può invalidare le elezioni e che può farlo in determinate circostanze e se sono soddisfatte molteplici condizioni e garanzie. Venti pagine di analisi pubblicate in inglese, individuano le "circostanze eccezionali" che potrebbero portare ad invalidare le elezioni e stabiliscono un principio: "Le conseguenze dell'invalidamento dei risultati elettorali devono essere meno dannose rispetto all'accettazione dei risultati elettorali nonostante le loro carenze".
Gli esperti incaricati affermano tra l'altro che "le Corti costituzionali possono avere la competenza di valutare la costituzionalità della legislazione elettorale e di invalidare le elezioni se ritengono che la legislazione non garantisca il diritto alle elezioni libere, anche nei casi in cui la legge non regoli aspetti importanti della campagna elettorale e degli elementi principali delle elezioni". Inoltre, si soffermano sul tema delle tecnologie digitali nelle campagne elettorali; sull'eventuale influenza esterna durante la campagna elettorale attraverso ong, media e social media, attraverso "attori statali e non statali stranieri". (di Roberta Lanzara)