"I test? Ritorno a nervosismo nordcoreano, obiettivo è spaccatura tra Seul più dialogante e Tokyo e Usa più scettici"
"Il problema non è la Corea del Nord, il problema è la sicurezza dell'Asia" in un momento in cui "aumentano i venti di instabilità in Asia orientale", si assiste a "un ritorno al nervosismo nordcoreano" con Pyongyang che sembra voler "spaccare" sudcoreani, giapponesi e americani tra propensione al dialogo e scetticismo. Parola di Francesco Sisci, sinologo, professore di geopolitica alla Luiss, che parla con l'Adnkronos dopo i test missilistici annunciati dalla Corea del Nord, con i lanci effettuati nel fine settimana. "Ci siamo concentrati su Taiwan, ma ci potrebbero essere minacce che arrivano prima o anche contemporaneamente a quelle intorno a Taiwan sulla Corea del Nord", dice l'esperto, parlando dei "vari fronti aperti in Asia orientale".
Non solo Taiwan, che Pechino considera una "provincia ribelle" da "riunificare", ma anche e soprattutto il Mar cinese meridionale oltre alla "carta pazza nordcoreana che - avverte Sisci - potrebbe essere più grave" e, rimarca, "arrivare prima o magari anche contemporaneamente a una minaccia intorno a Taiwan". E bisogna sempre guardare alla Cina.
Il sinologo invita a tenere sempre presente la "tempistica". L'annuncio di Pyongyang sui test missilistici arriva mentre l'agenzia sudcoreana Yonhap riferisce di colloqui a Tokyo tra rappresentanti di Corea del Sud e Giappone per "discutere della cooperazione nella ripresa del dialogo con la Corea del Nord", prima di un trilaterale con l'inviato speciale Usa per la Corea del Nord, Sung Kim. Tutto nel mezzo dello stallo dei negoziati dal vertice del febbraio 2019 a Hanoi fra l'allora presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong Un.
"La tempistica" dell'annuncio dalla Corea del Nord è "indicativa del messaggio", osserva Sisci, secondo cui l'obiettivo potrebbe essere "spaccare" il trilaterale, dividere ulteriormente le posizioni alla luce dell'esistente "differenza di vedute tra sudcoreani e giapponesi e americani rispetto alla minaccia nordcoreana", con i primi che "sarebbero più morbidi" rispetto agli interlocutori "più scettici". E, sottolinea, al trilaterale "si parla di Corea del Nord, ma anche di Cina".
"Non è chiaro - osserva - se questi test in realtà spaccheranno ulteriormente il fronte" con una divisione tra chi è più e chi è meno propenso al dialogo e quindi un allontanamento di Seul da Tokyo e Usa o se, al contrario, "spingeranno i sudcoreani su posizioni meno dialoganti".
Negli anni Seul ha tentato il dialogo e ora "potrebbe riallinearsi", prosegue, rilevando un contesto in cui "manca un'intesa generale tra America e Cina per riportare all'ordine la Corea del Nord" con la conseguenza che "i tentativi di dialogo sono più difficili", con la "pressione al dialogo" che "si scontra con posizioni più ambigue" da parte di Pechino.
Il punto è "da che parte sta la Corea del Sud", passati più di 20 anni dalla 'Sunshine Policy' di Kim Dae Jung, quando - rimarca - "sembra sempre più difficile riuscire in una politica di dialogo con la Corea del Nord" dove sarebbe tra l'altro tornato in funzione a fine agosto il reattore nucleare di Yongbyon, altro segnale del "ritorno al nervosismo nordcoreano". Seul, conclude Sisci, "deve decidere cosa fare perché diventa sempre più difficile anche il dialogo con la stessa Cina", storico alleato della Corea del Nord per la quale - come ha scritto l'agenzia ufficiale Kcna - i missili restano "un'arma strategica di grande significato".