di Federica Mochi
E' la mattina del 12 febbraio 1947 quando Christian Dior raduna la stampa nei salotti del numero 30 di avenue Montaigne, a Parigi, per presentare la sua nuova collezione. Sotto lo sguardo vigile di Marcel Boussac, gigante del tessile e principale investitore di Monsieur, sfilano silhouette dalle linee inedite per l'epoca. Le spalle sono arrotondate, le linee fluide e allungate, la gonna diventa una corolla sopra il vitino di vespa.
Basta un'ora, 90 abiti e stoffe e tessuti raffinati a spazzare via il panno, tanto in voga durante la guerra quando demodé dopo lo show di Dior. Carmel Snow, storica redattrice di 'Harper's Bazaar' non lo immagina ancora, ma quel giorno, la sua esclamazione gridata davanti alla stampa "It's a new look", segnerà l'inizio di una leggenda. Festeggia in questi giorni 70 anni il mitico 'New Look' di Christian Dior e tanti ne sono passati dall'intuizione geniale del couturier francese, tra i fautori di una svolta creativa che cambierà per sempre il modo di fare e pensare la moda.
Abbandonata la cupezza della guerra, la donna si libera dalla gonne lunga e viene modellata da Monsieur, che sottolinea le curve del corpo femminile, dando risalto al volume dei fianchi e al petto. Da quel momento, ogni sua collezione viene salutata con successo. Alle linee 'Corolle' e 'En Huit' del 1947 seguono altre fortunate invenzioni, tra cui quella del 1953, soprannominata 'a tulipano' che mette in evidenza il seno, o ancora, il tailleur Bar, composto da una giacca in shantung naturale a falde arrotondate e da una gonna a corolla plissettata di lana nera.
Un modello feticcio, che negli anni è stato rivisitato all'infinito dai creativi che si sono succeduti al timone della griffe, da Marc Bohan a Raf Simons, da Gianfranco Ferrè a Maria Grazia Chiuri. Con il New Look, Dior scrive uno dei più importanti capitoli della storia della moda. La silhouette viene costruita interamente dal couturier che con le proprie mani modella un manichino troppo rigido a colpi di martello.
Per non parlare, poi, delle linee ribattezzate con le lettere dell'alfabeto: la 'A' della gonna ampia e spalle strette, la 'H' che uniforma il seno alla linea del corpo. Dior diventa così "il francese più famoso al mondo", come titola 'L'Aurore' qualche anno più tardi. Nel 1957, il 'Time' lo mette in copertina. E' la prima volta per uno stilista, l'ultima per il creativo, che morirà a Montecatini dopo alcuni mesi.
Quel ritratto di Monsieur che tiene in mano un paio di forbici enormi sembra raccontare ancora oggi di un'epoca ormai superata, quando gli stilisti non erano ancora superstar pagate per far gonfiare i fatturati, ma scendevano in prima fila, forbici e ago in mano, provando a gettare, giorno dopo giorno, le basi di uno stile immortale che ancora oggi è l'architrave della moda. In fondo, era lo stesso Dior a dire che "la moda, senza fondamenta, non può esistere".