Dopo lo choc della rielezione di Trump, il Vecchio Continente sta provando a reagire
Dopo lo choc della rielezione di Trump, il leader americano più protezionista e isolazionista da un secolo, l’Europa sta iniziando a reagire? A rispondere ci prova Federico Fubini che sul Corriere della Sera parla della 'caduta dei tabù' in un'Europa in cui "va tutto male: le guerre e la nostra impotenza nel fermarle, la stagnazione, Germania e Francia in cerca d’autore, ritardi tecnologici ed eccessi del Green Deal".
"Difficile far peggio di così", scrive Fubini , per il quale "non è un caso se la Banca centrale europea continua a tagliare i tassi d’interesse più in fretta della Federal Reserve e l’euro continua a perdere quota sul dollaro".
Tuttavia qualche "segnale di risveglio" c’è. Sempre per il Corriere, nella loro newsletter Europe Matters Francesca Basso e Viviana Mazza raccontano come anche la firma di Ursula von der Leyen sul patto di libero scambio con il Mercosur sia una risposta al ritorno di Trump. Quell’accordo era fermo da decenni. Ma se ora gli Stati Uniti si chiudono con i dazi, l’Europa ha bisogno di aprire altri mercati. A Bruxelles le stesse tensioni con la Cina si sono stemperate, dopo le elezioni americane. Né ci sarebbe da sorprendersi a vedere presto l’Europa impegnata in nuovi accordi commerciali, con l’India o nell’Asia del Sud-Est.
Del resto la caduta dei tabù sta arrivando al cuore del sistema. L’imminente ritorno di Trump ha obbligato persino i tedeschi più riluttanti ad ammettere che il loro freno costituzionale al debito è fuori dal tempo: uno strumento di paralisi tecnologica e miopia strategica. Implicitamente lo ha riconosciuto persino Merkel a Mara Gergolet e Paolo Valentino sul Corriere. Il governo di Olaf Scholz è caduto proprio per rimuovere la difesa a oltranza di quel vincolo e il probabile futuro cancelliere, il cristiano-sociale Friedrich Merz, promette di superarlo. La Germania investirà di più. E soprattutto accetta (almeno in teoria) che deve rinnovare se stessa con strumenti che finora aveva sempre respinto: un sondaggio del 'Gran Continent' mostra come i tedeschi oggi siano incredibilmente persino più favorevoli di italiani, francesi e spagnoli alla raccomandazione di Mario Draghi sugli investimenti da 800 miliardi l’anno in più da fare in Europa.