Per questo esortano, dietro le quinte, a fare di tutto per evitare l'escalation
L'Iran esorta, dietro le quinte, gli Hezbollah libanesi e altri gruppi armati a dare prova di moderazione di fronte alle forze Usa. E per la nuova 'direttiva' ha inviato comandanti militari e diplomatici in tutto il Medio Oriente a parlare con funzionari locali e milizie. Lo scrive il Washington Post citando fonti nella regione, pur sottolineando che più andrà avanti la guerra a Gaza più potrebbe diventare difficile per l'Iran e gli Stati Uniti evitare l'escalation.
La Repubblica Islamica non vuole provocare un confronto diretto con gli Stati Uniti e senza un cessate il fuoco all'orizzonte, dopo quattro mesi di guerra a Gaza, Teheran "potrebbe affrontare la prova più significativa della sua capacità di esercitare influenza sulle milizie alleate", sui suoi proxy nella regione. Secondo quanto riferito da fonti libanesi e irachene al Post, 'in privato' i leader sollecitano cautela nonostante le dichiarazioni pubbliche seguite alle operazioni delle forze Usa contro obiettivi di gruppi sostenuti dall'Iran in Yemen, Siria e Iraq.
E funzionari Usa affermano che il messaggio potrebbe aver avuto qualche effetto se si guarda alla 'tregua' di 13 giorni negli attacchi di milizie sostenute dall'Iran in Siria e Iraq contro le forze Usa. Teheran "potrebbe aver capito che non fa i propri interessi consentendo ai suoi proxy di attaccare senza limiti le forze Usa e della coalizione", ha commentato un ufficiale americano.
"L'Iran sta facendo di tutto per prevenire l'allargamento del conflitto e per evitare che l'escalation raggiunga un punto di non ritorno", ha detto un funzionario iracheno. Riaprire il conflitto in Iraq rischierebbe di compromettere i colloqui sul ritiro americano, , sarebbe il messaggio fatto arrivare nel Paese da Teheran.
Sul fonte libanese, emissari iraniani avrebbero manifestato apprezzamento per i sacrifici di Hezbollah, ma anche messo in guardia da un nuovo conflitto con Israele (nonostante ogni giorno ci siano attacchi) dopo la guerra del 2006. Dalle fila di Hezbollah c'è chi ha sintetizzato così il messaggio recapitato da funzionari iraniani che questo mese hanno incontrato uomini del 'Partito di Dio' in Libano: non vogliamo dare al premier israeliano Benjamin Netanyahu ragioni per lanciare una guerra più ampia in Libano o altrove.
Anche perché, secondo quanto avrebbero detto gli iraniani, l' "asse della resistenza" ritiene positivo che il conflitto a Gaza abbia riportato l'attenzione sul conflitto israelo-palestinese e complicato i piani di Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo per la normalizzazione dei rapporti con Israele. 'Conquiste' che potrebbero finire per esser perse, mentre a Gaza si contano - secondo il ministero della Salute controllato da Hamas, quasi 29.000 morti dal 7 ottobre, giorno dell'attacco di Hamas in Israele.
Gli Houthi dello Yemen, che attaccano i mercantili nel Mar Rosso, sembrano invece non fermarsi. Da novembre, secondo il Post che cita dati della Difesa Usa, sono almeno 48 gli attacchi.
L'influenza di Teheran sui proxy non è senza limiti. Il Post parla di quello che per l'Iran, dal 7 ottobre, è un gioco di equilibri, di come la Repubblica Islamica usi i gruppi dell' "asse della resistenza" (Hamas a Gaza, Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e Kataib Hezbollah in Iraq e Siria) per allargare la sua influenza nella regione e in funzione di linea di difesa 'avanzata' contro gli Stati Uniti e Israele. Tutti gruppi che sono stati finanziati e addestrati dall'Iran, ma che operano fuori dal suo apparato di sicurezza consentendo così di fare gli obiettivi politici iraniani senza che Teheran abbia una responsabilità diretta per le loro azioni.