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Governo, Draghi ottiene la fiducia al Senato

Con 262 sì, 40 contrari e due astenuti. Quindici M5S votano contro

(Foto Afp)
(Foto Afp)
17 febbraio 2021 | 23.49
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Il Senato ha votato la fiducia al governo Draghi con 262 voti a favore, 40 contrari e due astenuti. Con questa maggioranza l'esecutivo dell'ex presidente della Bce non ce l'ha fatta a superare Monti che il 17 novembre del 2011 ottenne la fiducia a palazzo Madama da 281 senatori.

Numeri alla mano, per 19 voti Draghi non ce la fa a superare il governo Monti. Pesano sicuramente i 'dissidenti' pentastellati: sono 15 che votano 'no' a cui vanno aggiunti 6 assenti che non rispondono alla 'chiama'. A questi si aggiungono i voti di Fdi, unica formazione all'opposizione, e poi i no dal gruppo Misto di Alfonso Ciampolillo, Elena Fattori, Michele Gianrusso, Carlo Martelli, Paola Nungnes e Luigi Paragone. Cinque i senatori in congedo: Umberto Bossi, Giorgio Napolitano, Salvatore Sciascia, Liliana Segre e Orietta Vanin dei 5 Stelle. Otto gli assenti e di questi 6 M5S: Giuseppe Auddino, Elena Botto, Antonella Campagna, Emanuele Dessì, Vincenzo Garruti, Nunzia Nocerino. In missione: Pier Ferdinando Casini, Eugenio Comincini di Iv e Francesco Castiello di M5S. Due gli astenuti: Tiziana Drago del Misto e Albert Laniece delle Autonomie.

In questa speciale classifica dopo Monti ci sarebbe il governo Andreotti IV (che incassò al Senato 267 sì), il cosiddetto esecutivo della solidarietà nazionale, che nacque dopo mesi di confronto tra Dc e Pci e come risposta unitaria dello Stato al rapimento di Aldo Moro.

In epoca più recente per avere governi di larga coalizione si deve far riferimento agli esecutivi guidati da Mario Monti ed Enrico Letta. Il primo, sostenuto da Pdl, Popolo e territorio, Pd, Udc, Fli, Italia dei Valori e Minoranze linguistiche, il 17 novembre del 2011 ottiene la fiducia al Senato con 281 favorevoli e 25 contrari, su 307 presenti, pari al 91%. Alla Camera, il giorno dopo, i favorevoli sono 556, i contrari 61 su 617 presenti, con una percentuale di sì pari al 90%.

L'esecutivo guidato da Letta, che gode del sostegno di Pd, Pdl, Scelta civica e Minoranze linguistiche, il 29 aprile ottiene il via libera della Camera con 453 voti a favore, 153 contrari e 17 astenuti (Lega), su 623 presenti, con una percentuale del 72%. Al Senato i sì sono 233, i contrari 59, gli astenuti 18, su 311 presenti, con una percentuale del 74%.

Draghi, il discorso in Senato e la replica

E' arrivato poco prima di mezzanotte il sì di Palazzo Madama. In mattinata Draghi aveva parlato in Senato per ottenere la fiducia: nel suo discorso ha delineato il programma, tra piano vaccinale e recovery plan. "Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia", ha affermato il premier . Tredici cartelle divise in 10 paragrafi: lo stato del Paese un anno dalla pandemia; le priorità per ripartire; oltre la pandemia; parità di genere; il Mezzogiorno; gli investimenti pubblici; Next Generation Eu; obiettivi strategici; le riforme; i rapporti internazionali. Tutti si aspettavano che l'ex numero uno della Bce non fosse emozionato, invece lo è e molto. Lui stesso lo ammette in un passaggio del suo intervento, nell'incedere sicuro con cui legge il testo ha un'incertezza sui numeri della pandemia, arriva in suo soccorso il neo ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Ecco l'intervento del premier a palazzo Madama.

"Il primo pensiero che vorrei condividere, nel chiedere la vostra fiducia, riguarda la nostra responsabilità nazionale - è l'esordio- Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini. Una trincea dove combattiamo tutti insieme. Il virus è nemico di tutti. Ed è nel commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno. Prima di illustrarvi il mio programma, vorrei rivolgere un altro pensiero, partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica che la pandemia ha scatenato, a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari. Conosciamo le loro ragioni, siamo consci del loro enorme sacrificio e li ringraziamo. Ci impegniamo a fare di tutto perché possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole".

Intorno alle 20.40 la replica in Senato. Replica che comincia con il microfono spento. Le prime parole sfuggono all'emiciclo di palazzo Madama e subito si avvicina Federico D'Incà, ministro dei Rapporti con il Parlamento, nella veste di 'microfonista'. "Scusate, devo ancora imparare...", si giustifica il premier, prima di riprendere il suo intervento. "Gli interventi del dibattito hanno dimostrato la consapevolezza del disastro economico, sanitario, sociale, educativo e culturale. È con questa consapevolezza che questo governo costruirà nei fatti con sia la sua credibilità. Ringrazio per la stima ma anche questa dovrà essere giustificata e validata nei fatti del governo da me presieduto", ha affermato.

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