Intervista al docente di Digitalizzazione e giustizia penale alla Luiss, rappresentante italiano presso la Cepej
“La pandemia da Covid-19 sta mettendo a dura prova la tenuta di diversi settori della società civile e dei servizi alle persone, soprattutto quelli della pubblica amministrazione dove tradizionalmente sono più limitati gli investimenti e sono più lenti i tempi di reazione al cambiamento. L’amministrazione della giustizia con la sua complessità e molteplicità di settori - giustizia civile, processo penale, amministrazione penitenziaria, etc - ha mostrato una capacità di adeguamento alla nuova realtà variabile a seconda degli ambiti, dipendente dal grado di informatizzazione raggiunto da ciascun comparto prima dell’inizio della pandemia”. A dirlo in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Fabio Bartolomeo, già direttore generale di statistica e analisi organizzativa, rappresentante italiano presso la Cepej (Commissione per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa) e docente di Digitalizzazione e giustizia penale alla Luiss.
“Durante i lunghi periodi di lockdown - fa notare - sia le società private che quelle pubbliche hanno dovuto ripensare i propri processi per dare continuità alle operazioni e ai servizi. E tuttavia, se per alcuni operatori, purtroppo, le conseguenze dell’emergenza sanitaria sono state un ostacolo impossibile da superare, per altri, quelle stesse conseguenze sono state l’opportunità per far spiccare un salto di qualità ai propri processi organizzativi, puntando seriamente e concretamente verso la digitalizzazione”.
“Ad esempio - spiega - ha retto bene il settore civile grazie al buon funzionamento del Pct (processo civile telematico), del registro informatizzato Sicid (sistema informatico contenzioso civile distrettuale) e delle statistiche giudiziarie, mentre ha sofferto, sul piano tecnico, il processo penale che tuttavia comincia a dare segnali incoraggianti grazie alla recente introduzione di funzionalità di notifica e trasmissione di atti nella fase processuale (portale dei servizi telematici)”.
“Per colmare il gap tecnologico - suggerisce Fabio Bartolomeo - rispetto ai comparti più informatizzati della società, la giustizia deve intervenire anche sullo sviluppo di altri fattori della sua organizzazione, in particolare sulle risorse umane e sulla loro formazione. Si tratta di agire sia sul personale alle dirette dipendenze dello Stato, giudici e personale amministrativo, sia sugli altri stakeholder che ruotano attorno al mondo giustizia, quali gli avvocati, utenti e altri professionisti”.
“Infatti - sottolinea - la digitalizzazione delle attività necessita, oltre che di investimenti in strumenti e tecnologie, anche dello sviluppo della componente umana soprattutto nel mondo della giustizia in cui è forte la reazione al cambiamento, con una difficile conciliabilità di strumenti e abitudini tradizionali con tecnologie innovative e modalità di lavoro flessibili. Serve uno scatto in avanti rispetto a procedure che rimangono ancorate alla presenza fisica, alla documentazione stampata (ancora alcune sentenze vengono scritte a mano) e a un processo penale fondato sulla oralità”.
“Occorre dunque lavorare - auspica - nella direzione in cui si stanno muovendo i sistemi giudiziari più evoluti e innovativi che prevedono l’uso diffuso di strumenti di comunicazione e videconferenza a distanza, l’abbandono (quasi) totale della carta, la registrazione per successiva riproduzione audio/video delle udienze e delle deposizioni, l’utilizzo della intelligenza artificiale”.
“Nel 2010 ho avuto l’opportunità di offrire un contributo alla digitalizzazione del settore statistico dell’amministrazione della giustizia lavorando alla realizzazione del sistema di Data warehouse della giustizia civile (Dwgc). Prima di questo sistema, le statistiche ministeriali si basavano sulla raccolta di dati aggregati a livello di singolo ufficio, talvolta in formato cartaceo e con modalità di calcolo e raccolta disomogenee. Quando è stato avviato questo programma il ministero riceveva mensilmente e trimestralmente questionari numerici ed estrazioni statistiche da registri locali da oltre 2.000 uffici giudiziari”, ricorda.
“Il principio di funzionamento del Dwgc - spiega - è molto semplice: invece di chiedere agli uffici giudiziari di estrarre i dati, classificarli e inviarli al ministero, il nuovo sistema attinge direttamente dai registri informatizzati, con criteri omogenei e metodologie concordate, i dati necessari a misurare i flussi e la performance della giustizia, con una granularità di analisi che arriva in profondità, fino al livello di singolo ufficio del giudice di pace, di sezione di tribunale e di corte di appello”.