"Basovizza non e' tecnicamente una foiba, ma un pozzo minerario abbandonato". Un tweet dell'Anpi Brescia scatena polemiche nella Giornata del Ricordo dedicata alle foibe. "Adesso basta! Mi auguro che Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - ANPI intervenga subito e tutte le forze politiche condannino affermazioni di tale gravità. Con l’avvicinarsi del 10 febbraio il rigurgito negazionista trova sempre, purtroppo, qualche voce disposta ad utilizzarlo", scrive sui social il presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, in risposta al tweet dell'Anpi di Brescia: "Basovizza non è tecnicamente una foiba, ma un pozzo minerario abbandonato. Non ci sono prove documentarie certe che vi siano avvenute esecuzioni o vi siano state sepolte vittime delle epurazioni".
Il cinguettio, che citava un passaggio del libro 'E allora le foibe?' di Eric Gobetti, viene rimosso. La spiegazione arriva da Lucio Predoni, presidente dell'Anpi di Brescia. Il messaggio "è stato rimosso per rispetto alle vittime che vengono ricordate oggi. Abbiamo deciso di non alimentare questa assurda polemica, assolutamente strumentale". "Non c’è motivo per chiedere scusa", continua Predoni. Il tweet "riportava una pagina del libro di Gobetti sulle foibe, in cui si fa una descrizione fisica della foiba di Basovizza, una ex miniera. Questo elemento decontestualizzato dal libro sembra voler disconoscere quell’elemento". E, sottolinea il presidente dell'associazione, "decontestualizzato ha dato adito ad accuse di negazionismo nei confronti dell’Anpi di Brescia. Niente di tutto questo. Nessuno mette in dubbio che esistono le foibe, tantomeno quella di Basovizza".
Per Predoni "coloro che alimentano queste polemiche hanno un comportamento veramente imbarazzante. Non lo fanno per ricordare le vittime, ma solo per strumentalizzazione politica". Il presidente dell'Anpi di Brescia sottolinea che "i fatti che sono avvenuti sul confine orientale sono molto articolati e complessi e quei signori che vorrebbero insegnarci la storia dal loro punto di vista politico e partitico dovrebbero invece studiare sui libri di storia e documentarsi sul periodo che va dalla fine della prima guerra mondiale agli anni Cinquanta, fino all’esodo dei giuliano-dalmati".
In quel contesto di "guerra, occupazione e sopraffazione, noi italiani siamo andati con i lanciafiamme, abbiamo distrutto paesi, ucciso padri, madri e figli, magari solo perché parlavano lo slavo e non volevano imparare l’italiano. La memoria -conclude- va fatta bene e non la devono fare i politici ma gli storici".