Luigi Di Maio resta nel nuovo esecutivo M5S-Pd con l'incarico di ministro degli Esteri dopo un lungo tira e molla che ha contrassegnato tutte le fasi che hanno portato alla nascita del nuovo gabinetto.
Vicepresidente della Camera nel 2013 a soli 27 anni, nel governo a 32, i Di Maio nasce nel a Pomigliano d'Arco da madre insegnante di latino e greco e papà piccolo imprenditore edile, con un passato di dirigente nel Movimento sociale italiano prima e in Alleanza nazionale poi. Dopo il diploma di liceo classico, Di Maio -primo di tre fratelli - si iscrive all'università, dapprima alla facoltà di ingegneria che poi lascia per trasferirsi a Giurisprudenza all'Università di Napoli Federico II, dove tuttavia non completa gli studi.
Di Maio nel 2007 fonda il meetup di Pomigliano e nel 2010 si candida come consigliere comunale del suo Comune, ottenendo 59 preferenze che non gli valgono l'elezione. Ci riprova nel 2013, partecipando alle 'parlamentarie' M5S, che con 189 preferenze lo portano a Montecitorio, eletto nella circoscrizione Campania 1.
Ed è a Montecitorio che inizia la lunga corsa di Di Maio. In breve tempo, grazie anche al ruolo di vicepresidente di Montecitorio, diventa uno dei volti più noti del partito, tanto da essere nominato membro del cosiddetto 'direttorio' voluto nel novembre 2014 da Gianroberto Casaleggio e da un Beppe Grillo 'un po' stanchino' del ruolo di leader. E qui che comincia, tra alti e bassi, cadute e risalite, la scalata di Di Maio al M5S.
Nel 2016 è nominato responsabile degli Enti locali per il Movimento e un passo alla volta conquista la fiducia di Davide Casaleggio e lancia la sua Opa sul Movimento. Che conquista ufficialmente nel settembre 2017, quando si candida alle elezioni primarie per scegliere il candidato premier e capo politico del Movimento 5 Stelle: l'esito delle votazioni tra gli iscritti alla piattaforma online del M5S lo vede vittorioso con 30.936 voti, pari a circa l'82% dei votanti. Il suo è il volto più moderato e istituzionale del Movimento, ma anche il più pragmatico: da un lato Alessandro Di Battista e lo stesso Grillo, che parlano alla 'pancia' della base, dall'altro il giovane Di Maio , che punta dritto all'elettorato moderato e in parte riesce a conquistarlo.
Infaticabile, Di Maio inizia la sua campagna elettorale per le politiche al volante del 'rally tour', che lo vede, presentissimo sul territorio, girare in lungo e in largo l'Italia, mentre il fondatore del Movimento, Grillo, appare defilatissimo. Alla fine la spunta: conquista con il Movimento il 32,6% dei voti, che gli valgono ben 338 seggi in Parlamento nonché il titolo di forza politica più votata. Ma che non gli saranno sufficienti ad occupare la poltrona più ambita, quella di Palazzo Chigi.
Reddito di cittadinanza e decreto dignità le sue battaglie portate avanti da vicepremier e ministro dello Sviluppo, che tuttavia non gli sono sufficienti per confermare il Movimento 5 stelle ai livelli del 2018. Anzi alle Europee del maggio scorso registra una vera e propria debacle, arretrando al 17 per cento.