Joe Biden ha vinto, è il nuovo presidente Usa. E ora la domanda che molti si pongono è cosa accadrà tra America e Cina, che oggi si è congratulata con il presidente eletto. L'Adnkronos l'ha rivolta all'ex ambasciatore italiano in Cina, Alberto Bradanini: lei prevede un orientamento diverso nella politica statunitense nei confronti del Dragone?
"Donald Trump - afferma il diplomatico - possiede un lessico brusco e modi prepotenti, ma l’ostilità nei riguardi della Cina -che l’America ha trasformato in una nuova 'guerra fredda'- ha natura strutturale. La Cina ha la colpa di voler crescere, insidiando oggettivamente l’egemonia della superpotenza militare e finanziaria americana. Non è superfluo ricordare che l’allora senatore Joe Biden aveva approvato l’aggressione militare contro l’Iraq, stato sovrano che nulla aveva a che vedere con il terrorismo, senza minacce per la sicurezza americana. Inoltre, da vicepresidente del premio Nobel per la pace Obama, ha sostenuto i bombardamenti della Libia, che aveva il torto di essere inviso agli americani, facendo migliaia di morti e aprendo le porte all’immigrazione illegale che sta ancora destabilizzando Italia e Europa".
"L’ostilità americana nei riguardi della Cina -spiega il diplomatico- ha una triplice natura, geopolitica (su scala planetaria), economica (con qualche chance di compromesso all’avvento di Biden) e ideologica (in Cina la politica governa l’economia e dunque l’incompatibilità con l’Occidente è sistemica, sebbene ora Pechino stia tentando la carta della seduzione, aprendo le porte ai gestori di fondi di Wall Street). Tuttavia, incombe la cupa ombra del complesso militare-industriale-mediatico, ora anche tecnologico americano, che dispone di risorse enormi".
(Adnkronos) - Henry Kissinger è intervenuto di recente, con un’intervista pubblicato su un quotidiano italiano, sul tema delle alleanze vecchie e nuove. Sottolineava l’importanza dell’unione tra Europa e Stati Uniti ‘davanti’ alla Cina. E’ facile immaginare che quel ‘davanti’ stia al posto di ‘contro’. "Un altro premio Nobel per la pace, passato alla storia per aver organizzato, su ordine del suo presidente Nixon, il colpo di Stato in Cile che ha umiliato la democrazia. Kissinger dimentica che il mondo è cambiato da quando lui aveva responsabilità politiche. Oggi la Cina è una grande potenza e con essa occorre dialogare e costruire insieme un mondo migliore e pacifico, diverso da quello che la talassocrazia americana ha forgiato negli ultimi decenni".
I meno giovani tra noi, rammentano bene gli americani con la racchetta da ping pong in mano: allora era lo sport di penetrazione occidentale nella chiusura ermetica cinese all’Occidente degli Anni 70. La chiamarono la ‘diplomazia del ping pong’. Oggi tutto sembra forse più possibile, ma più variegato e complesso: appaiono molte di più le tessere del mosaico da tenere unite.
"All’epoca, Mao accettò di recitare la parte dello sprovveduto, consentendo agli americani di giocare la carta cinese in funzione antisovietica. Contrastare l’Urss era anche l’obiettivo del Grande Timoniere, il quale nutriva profonda diffidenza nei riguardi di Mosca, che accusava di strumentalizzare l’internazionalismo proletario per promuovere gli interessi russi. Mao aspirava inoltre a entrare nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite al posto di Taiwan e con l’appoggio americano raggiunse il suo obiettivo. Adesso l’espansionismo americano ha riportato le lancette della storia al tempo in cui la Cina di Mao e l’Unione Sovietica di Stalin erano alleati contro il nemico comune, gli Stati Uniti: bel risultato. Il mondo intero, non solo la Cina, aspetta che l’America si liberi della patologia dell’eccezionalismo della Nazione Indispensabile, per diventare un paese 'normale'".
E, riguardo all’Italia, al patto atlantico e alla Cina come potrebbero cambiare gli equilibri? In molti suggeriscono un rafforzamento del patto e, dunque, un legame più stretto tra Italia a Usa, che però allenterebbe le nostre posizioni di relativa vicinanza nei confronti della Cina. "Non pare proprio che possa cambiare alcunché. Da 75 anni l’Italia è un protettorato americano (25mila soldati dispiegati sul nostro territorio, e 69-90 testate nucleari, in violazione del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare). In tali condizioni, nessun governo italiano può nemmeno immaginare una politica indipendente a tutela dei propri legittimi interessi. L’immaginario riposizionamento dell’Italia verso la Cina è una rappresentazione mistificatoria, che serve a giustificare oltre misura il legame atlantista, mai messo in discussione".
Ci sono, o potrebbero esserci, riflessi sul Vaticano, visto quanto successo di recente con segretario di Stato Pompeo ricevuto alla Santa Sede ma non da Papa Bergoglio? "Il mancato colloquio tra Pompeo e Bergoglio, conseguenza dell’invasione di campo da parte dell’improvvido segretario (che intendeva imporre al Papa gli interessi americani) è già un frammento di storia passata (nella 'spazzatura della storia', direbbe Mao). Del resto, tra qualche settimana Pompeo avrà cambiato lavoro, mentre la Santa Sede ha uno sguardo che attraversa i secoli con spirito di compromesso e lungimiranza. I benefici dell’accordo sottoscritto due anni orsono tra Cina e Santa Sede sono solidi e reciproci".
Nello scacchiere internazionale, l’Italia che maggiore prossimità potrebbe trovare rispetto ai grandi blocchi di Usa, Urss e Cina? "Il nostro è un Paese di scarsa rilevanza sul piano politico, essendo una 'costola silente' degli Stati Uniti mentre sul piano economico-monetario è stretto dagli interessi della finanza nordeuropea, in particolare tedesca. Perciò, nei limiti ristretti di un rapporto sbilanciato con la seconda economia mondiale, l’Italia potrebbe tentare di riequilibrare quelle asimmetrie che oggi la penalizzano nei rapporti con la Cina. L’obiettivo è ridurre il nostro disavanzo commerciale (20/22 miliardi di euro su basi annuali su un interscambio di circa 44/46 miliardi), il più elevato tra gli Stati Ue dopo l’uscita del Regno Unito, mentre la Commissione Europea sta a guardare, dal momento che la Germania è l'unico paese europeo che ha un avanzo commerciale con la Cina (di 19,5 miliardi di euro). E, sul piano degli investimenti, si potrebbe modificare la natura di quelli cinesi in Italia che (salvo eccezioni) non creano nuovi posti di lavoro, come quelli italiani in Cina".
Le ultime evoluzioni della politica cinese rispetto al governo di Hong Kong, con l’esclusione delle opposizioni, peseranno ulteriormente nei rapporti tra i Paesi democratici (Usa e Italia, soprattutto) e gli eredi del Celeste Impero?
"L’Italia non ha alcun ruolo né peso sulle vicende di Hong Kong, che sono tematiche interne cinesi -conclude Bradanini- Gli Stati Uniti poi hanno perso credibilità in tema di diritti umani (una fisarmonica al servizio dell'agenda politica) dopo l’invasione dell’Iraq, Siria, Afghanistan, bombardamenti su Libia, Yemen, le vicende di Abu Graib, Guantanamo, extraordinary renditions, l’assassinio di Soleimani e via dicendo. Nulla di comparabile rispetto a quello che avviene a Hong Kong, dove certo la Cina non ha la coscienza pulita, secondo i nostri parametri. Tuttavia, quando quel territorio era una colonia britannica, la democrazia era solo una parola nel dizionario: il Governatore veniva nominato da Londra e il Consiglio Legislativo era un mero organismo consultivo". (di Rossella Guadagnini)