Al centro dei colloqui il conflitto in corso nel Paese africano, la conferenza di Berlino, il memorandum sull'immigrazione e altri temi centrali
Missione in Libia per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il titolare della Farnesina è atterrato questa mattina a Tripoli, dove è stato accolto dall'omologo Mohammed Taher Syala, con il quale ha avuto un colloquio. Di Maio ha quindi incontrato il vice presidente ed il presidente del Consiglio presidenziale libico, Ahmed Maitig e Fayez Serraj, ai quali ha ribadito che la soluzione alla crisi libica non può essere militare.
Successivamente a Bengasi ha incontrato il generale Khalifa Haftar. Ultima tappa Tobruk, per vedere il presidente della Camera dei rappresentanti Aghila Saleh.
Al centro dei colloqui il conflitto in corso, la conferenza di Berlino, il memorandum sull'immigrazione e altri temi centrali. La visita del ministro Di Maio si inserisce in una cornice di massima attenzione che il governo italiano attribuisce al dossier libico.
Serraj tramite una dichiarazione del suo portavoce all'Adnkronos, ha fatto sapere di "apprezzare molto il sostegno politico e gli aiuti" dell'Italia. Una dichiarazione all'insegna della distensione che cerca di celare l'irritazione per la reazione di Roma al memorandum con Ankara, che, secondo la diplomazia italiana ed europea, "viola i diritti dei Paesi terzi". "Le parole di Di Maio sull'illegittimità dell'intesa con Ankara non ci sono piaciute - ha detto all'Adnkronos Ashraf Shah, ex consigliere dell'Alto consiglio di Stato -. Ma noi cerchiamo di mantenere buoni rapporti, anche se da Roma arrivano segnali confusi".
Con questa missione lampo il titolare della Farnesina, che sarà anche in Cirenaica, "cerca di recuperare il terreno perduto, ma è difficile farlo se non si ha in mente un obiettivo strategico e quello dell'Italia adesso non riesco a intravederlo", ha commentato ad Aki-Adnkronos International Arturo Varvelli, osservando come la "neutralità" del nostro Paese negli ultimi 12-18 mesi non abbia pagato "molto" anzi ci ha fatto "scomparire dai radar" mettendoci in una posizione "ininfluente" e relegandoci a spettatori di una partita "giocata da altri".
La visita di Di Maio avviene qualche giorno dopo la dichiarazione congiunta Italia-Francia-Germania, diffusa al termine di un incontro tra Giuseppe Conte, Emmanuel Macron ed Angela Merkel, nella quale i tre leader hanno esortato "le parti libiche e internazionali (il riferimento qui è a Russia e Turchia) ad astenersi dall'intraprendere azioni militari e ad impegnarsi genuinamente per una cessazione complessiva e duratura delle ostilità e a riprendere con impegno un negoziato credibile sotto l'egida dell'Onu".
I tre leader avevano poi riaffermato "la loro determinazione a lavorare per il successo della conferenza di Berlino, che si dovrà tenere senza ulteriore ritardo", il mese prossimo. L'appuntamento a cui sta lavorando da mesi la Germania è stato oggetto oggi di un colloquio telefonico tra la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il presidente russo Vladimir Putin, che ha ribadito il suo sostegno agli sforzi di Berlino. Un impegno che contrasta - seppure il Cremlino abbia sempre smentito - con l'invio di centinaia di mercenari del gruppo russo Wagner in Libia a sostegno delle forze di Haftar. Che, nonostante i proclami e le minacce - giovedì scorso il generale della Cirenaica ha annunciato per l'ennesima volta "l'ora zero" per la liberazione di Tripoli - resta in difficoltà sul terreno.
Al centro dei colloqui in Libia di Di Maio - primo esponente del governo italiano a visitare il Paese dalla missione del 23 dicembre scorso del premier Giuseppe Conte a Tripoli ed in Cirenaica - ovviamente la guerra civile in corso dal 4 aprile scorso, per la quale secondo l'Italia non può che esistere una soluzione politica, la lotta all'immigrazione clandestina e poi i memorandum che Tripoli ha firmato con Ankara. Quello sulla delimitazione dei confini marittimi nel Mediterraneo orientale, che, secondo la diplomazia italiana ed europea, "viola i diritti degli Stati terzi", e quello sulla cooperazione nel settore della sicurezza.
Un accordo, questo, che rischia di provocare un'ulteriore escalation del conflitto, con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, ricevendo ieri a sorpresa Serraj a Istanbul, ha ribadito la disponibilità all'invio di soldati in Libia se Tripoli lo richiedesse. Una circostanza che conferma come il Paese sia diventato il nuovo obiettivo su cui Mosca e Ankara giocheranno la loro nuova partita nella regione dopo quella in Siria.
"Forse la Russia e i turchi vogliono usare la carta Libia per vittorie e concessioni su altri campi. Un accordo per il bene della Libia o una cessione delle ostilità al momento tra Turchia e Russia mi sembra difficile", ha affermato ad Aki Claudia Gazzini, esperta di Libia dell'International Crisis Group (Icg).