Mentre i grandi dell'Unione Europea riconoscono Jean Guaidò come presidente ad interim, l'Italia tira il freno bloccando l'approvazione di una dichiarazione comune Ue sulla situazione del Venezuela, dichiarazione in cui si sosteneva Guaidò, senza tuttavia spingersi fino a riconoscerlo come presidente legittimo del Paese. Questo quanto apprende l'Adnkronos da diverse fonti diplomatiche a Bruxelles. La dichiarazione a 28, vista la situazione, sarebbe stata rinviata sine die, mentre già giovedì scorso, in occasione della riunione informale dei ministri degli Esteri dell'Ue a Bucarest, l'Italia aveva bloccato un testo che prevedeva un riconoscimento implicito di Guaidò. Sul Venezuela "non stiamo facendo una bella figura", il commento di Matteo Salvini, durante la registrazione di 'Quarta Repubblica', in onda su Rete 4 stasera. "Ci sono sensibilità diverse, una parte di nostri alleati ritiene che bisogna essere più prudenti", spiega il ministro dell'Interno. "Maduro ha finito il suo mandato il 10 gennaio, Guaidò ha deciso di autoproclamarsi presidente, lo prevede la Costituzione. C'è un problema di diritti umani".
Intanto, dopo il sì di Francia, Regno Unito e Spagna sono arrivati anche i riconoscimenti di Austria, Svezia, Danimarca, Germania, Lituania, Lettonia e Olanda. E mentre l'Italia non si è ancora pronunciata, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiesto "responsabilità e chiarezza su una linea condivisa, con tutti i nostri alleati e tutti i nostri partner dell'Unione europea". "Speriamo che l'italia possa compiere il passo del riconoscimento. Sarei felicissimo di contare su un paese fratello come l'Italia", ha commentato Guaidò rispondendo così ad una domanda durante una conferenza stampa all'esterno dell'assemblea nazionale. "L'Italia ancora non si è pronunciata, ho avuto contatti con alcuni membri di questo governo, hanno una posizione di sostegno assoluto. Capisco - ha aggiunto - che c'è una questione di governo che non ha permesso" il riconoscimento.
Il riconoscimento dei 'big' Ue a Guaidò è arrivato dopo che alcuni Paesi europei avevano intimato al contestato presidente Maduro di indire entro domenica 3 febbraio nuove elezioni presidenziali altrimenti avrebbero riconosciuto Guaidò, come presidente ad interim. Maduro ha invece concesso un'intervista all'emittente spagnola Sexta, in cui ha respinto nettamente l'ultimatum europeo e non ha escluso il rischio di una guerra civile.
Il primo a pronunciarsi è stato il ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian: "E' presidente ad interim" ed "è legittimato" a indire nuove elezioni presidenziali, ha spiegato, seguito dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, che ha riconosciuto Guaidó come presidente del Venezuela in modo "esplicito e chiaro". Dall'altra parte della Manica anche il Regno Unito ha riconosciuto Guaidó come "presidente provvisorio" del Venezuela, sottolineando che non avendo Maduro convocato elezioni presidenziali "negli 8 giorni che ci eravamo prefissati" il Regno Unito "insieme ai suoi alleati europei ora riconosce Juan Guaidó come presidente ad interim fino a quando si potranno tenere elezioni credibili".
A unirsi al coro anche l'Austria di Sebastian Kurz, inizialmente contraria al riconoscimento e che ha cambiato idea, dopo una conversazione telefonica con il presidente ad interim. Riconoscimento arrivato anche dalla Danimarca, "fino a quando non vi saranno elezioni libere e democratiche", ha twittato il ministro degli Esteri danese, Anders Samuelsen. "In questa situazione - ha fatto eco il ministro svedese Margot Wallstrom - noi sosteniamo e consideriamo Guaidò come legittimo presidente ad interim". Per la cancelliera tedesca Angela Merkel "Guaidò è la persona con la quale dialoghiamo e dal quale ci aspettiamo che avvii il prima possibile un processo elettorale". Così la Polonia come ha reso noto il ministero degli Esteri di Varsavia. Il ministro Jacek Czaputowicz ha avuto un colloquio telefonico con l'omologo cileno, Roberto Ampuero Espinoza. Nella conversazione, Czaputowicz ha evidenziato che "vista la mancata convocazione di elezioni presidenziali anticipate da parte di Nicolas Maduro, la Polonia -con altri paesi membri dell'Ue- ha riconosciuto Juan Guaidó, presidente dell'assemblea nazionale eletta democraticamente, come presidente ad interim del Venezuela". A Guaidò "spetta l'incarico di organizzare libere, eque e democratice elezioni". L'autoproclamato presidente ad interim ha ringraziato la Polonia con un tweet. A non riconoscere Guaidò è invece l'Irlanda, che chiede tuttavia elezioni "libere e giuste" nel Paese.
Mosca invece stigmatizza il riconoscimento dei big europei parlando di tentativo " di legittimare una usurpazione del potere" e di "ingerenza diretta e indiretta" negli affari interni del paese latino americano. E mentre da Caracas lo stesso Guaidò ha chiesto il riconoscimento dell'Italia. "Faremo tutto il possibile affinché il governo italiano aggiunga il suo appoggio, per noi importantissimo, al resto dell'Unione Europea", ha detto al 'Corriere della Sera', intervistato da Sky Tg24, Maduro ha chiesto all'Italia e all'Europa di non farsi "trascinare dalle follie di Trump". Il governo di Maduro, inoltre, ha annunciato che "rivedrà completamente" le relazioni bilaterali con i governi europei che hanno riconosciuto Juan Guaidò.
IL TESTO DELLA DICHIARAZIONE CONGIUNTA - L'Unione Europea "ribadisce il suo sostegno all'Assemblea Nazionale del Venezuela e al suo presidente, e, in accordo con le procedure interne e le prerogative nazionali, i singoli Stati membri dell'Ue riconosceranno Juan Guaidò, presidente dell'Assemblea Nazionale, come presidente ad interim del Venezuela, per portare il Paese verso elezioni libere, giuste e democratiche, in linea con le norme della Costituzione del Venezuela". E' quanto si legge in un passo della bozza di dichiarazione comune dell'Ue fermata dall'Italia.
L'Ue ricorda di aver invocato, il 26 gennaio, la convocazione urgente di elezioni presidenziali "libere e trasparenti" in Venezuela e di aver avvertito che, "in assenza di un annuncio sull'organizzazione di nuove elezioni con le necessarie garanzie nei prossimi giorni, l'Ue adotterebbe ulteriori azioni, incluso il riconoscimento della leadership del Paese, in linea con l'articolo 233 della Costituzione venezuelana". A quanto si apprende, tuttavia, il problema non è stato tanto il contenuto della dichiarazione, quanto il fatto stesso di prendere formalmente posizione su una questione di politica estera, con rilevanti implicazioni per gli interessi nazionali (un milione di cittadini venezuelani sono anche cittadini Ue, e molti sono italiani; l'Eni è attiva nel Paese), sulla quale il governo è diviso al suo interno. Le divisioni all'interno della maggioranza fanno sì che il risultato è che il governo non ha una posizione netta e chiara. Pertanto, in assenza di una sintesi, la dichiarazione viene bloccata.
La dichiarazione dell'Alto Rappresentante viene diffusa al termine di una procedura in cui vige il principio del silenzio assenso: il Servizio Europeo per l'Azione Esterna, la diplomazia dell'Ue, fa circolare nelle capitali una versione della dichiarazione da diffondere; se nessuno si oppone entro la scadenza prefissata, la dichiarazione viene pubblicata. Se invece qualcuno obietta, allora la procedura viene interrotta. Su quello che esattamente è accaduto le versioni divergono, ma dovrebbe essere circolata un solo testo, sul quale l'Italia avrebbe chiesto tempo, per poi bloccarlo. Fatto sta che, alla fine, l'Italia ha bloccato la dichiarazione, cosa che oggettivamente costituisce, al di là delle volontà delle singole componenti della maggioranza, un punto a favore del regime di Nicolas Maduro.
La decisione di non approvare la dichiarazione a 28, bloccandola, non è il prodotto di una sintesi, ma di una sottrazione: una parte del governo è contraria a quella che ritiene un'ingerenza negli affari interni venezuelani, un'altra propende per il presidente dell'Assemblea Nazionale Juan Guaidò (basti citare le parole del sottosegretario Guglielmo Picchi: "Maduro lascia subito, non ti riconosciamo come presidente. Elezioni subito").
Il risultato di questa divergenza è che l'Italia sceglie di bloccare una dichiarazione a 28 sul Venezuela che arriva a un passo dal riconoscere Guaidò come presidente ad interim, superando a sinistra (ammesso e non concesso che "sinistra" sia la definizione appropriata per il regime di Maduro) anche la Grecia di Alexis Tsipras, il cui viceministro degli Esteri Georgios Katrougalos ha sottolineato che "come Grecia dobbiamo continuare a spingere per una posizione unita dell'Ue, in conformità con i nostri principi". Il risultato di questa sottrazione è oggettivamente un punto favore della non ingerenza, e quindi di Maduro, e pertanto di fatto prevale la linea di una parte della maggioranza, anziché una sintesi delle due posizioni.
Ora, anche se il ministro degli Esteri rumeno Teodor Melescanu ha annunciato una nuova dichiarazione a 28 sul Venezuela per oggi, eventualità che altre fonti danno per molto improbabile, che cosa succederà non è chiaro. I Paesi che hanno deciso di riconoscere Guaidò come presidente ad interim potrebbero anche decidere di procedere autonomamente. Nuove versioni del testo, per ora, non ne circolano.