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Ardita: "Carceri fuori controllo, rivolte frutto di anni di disattenzione"

Il presidente della I Commissione del Csm in audizione alla Commissione Antimafia: "La crescita degli atti di autolesionismo così come quelli sul mancato o ritardato rientro in carcere di chi ottiene il permesso indicano l'evidente disagio delle condizioni di vita dei detenuti"

(Fotogramma)
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17 giugno 2020 | 15.36
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"Le rivolte non sono fatti accaduti per caso, sono un punto di caduta di anni di disattenzione rispetto questa realtà". Lo afferma il presidente della I Commissione del Csm, Sebastiano Ardita, ascoltato in audizione in Commissione parlamentare Antimafia parlando della situazione nelle carceri.

"A un certo punto ci sono alcuni eventi critici, alcune circostanze gravi che avvengono, nel carcere subiscono una moltiplicazione: ad esempio le aggressioni al personale della penitenziaria erano 294 nel 2010 crescono fino a 805 nel 2019, le minacce a pubblico ufficiale passano da 270 a 3mila, il rinvenimento di coltelli da 37 a 200, le infrazioni disciplinari passano da 579 nel 2010 a venti volte tanto", ha sottolineato Ardita.

Ardita aggiunge che questi dati "fotografano il clima interno alle carceri" e "fotografano una realtà fuori controllo". La crescita degli atti di "autolesionismo" così come quelli sul "mancato o ritardato rientro in carcere di detenuti che ottengono il permesso" indicano "l'evidente disagio delle condizioni di vita dei detenuti".

Per quanto riguarda poi la contestatissima circolare del Dap in cui veniva richiesto di indicare ai magistrati di sorveglianza i detenuti più fragili in relazione all'epidemia di coronavirus, "era una nota con cui il Dap - sottolina Ardito - assumeva la sua posizione rispetto al problema del Covid, ma non può essere letta sganciata da un contesto. E' successo che a un certo punto, mentre il Paese si è preparato all'emergenza" ciò non sembra essere avvenuto per "l'universo penitenziario" che invece "avrebbe dovuto farlo perché ci vuole un piano per il carcere".

"La circolare si innesta in quadro in cui la premessa, non fondata, è stata che il Covid si diffonde in maniera maggiore" nei penitenziari, ha spiegato Ardita, secondo il quale si è trattato di un "atto di impulso che non doveva essere fatto". "Dal mio punto di vista non andava elaborata una nota del genere - ha concluso - Contraddice il compito del Dap che è quello di assicurare il massimo dei servizi".

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