"Non legate ad azione penale, conservano valore indipendentemente dal processo penale"
"Nella dolorosa vicenda personale e professionale del Consigliere d'Ambasciata Michael Giffoni emergono profili penali e amministrativo-disciplinari che non hanno a che vedere l’uno con l'altro e che, quindi, non possono essere confusi". E' quanto si legge in una nota della Farnesina sulla vicenda dell'ex ambasciatore in Kosovo, assolto nei giorni scorsi dalle accuse che gli sono state mosse 7 anni fa, in cui afferma che il provvedimento di destituzione del diplomatico "non riguarda l'oggetto dell'azione penale" ma "si riferisce invece a delle gravi responsabilità di tipo amministrativo dirigenziale" che "conservano il proprio valore indipendentemente dall'esito del processo penale".
"Le ragioni che furono alla base del provvedimento amministrativo a suo tempo adottato nei confronti del Consigliere d’Ambasciata Giffoni, e che ne determinarono la destituzione dal servizio - si legge la nota della Farnesina - non riguardano l'oggetto dell'azione penale e non hanno dunque a che vedere con il reato di associazione per delinquere o quello di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dai quali egli è stato assolto, nel primo caso perché il fatto non sussiste e nel secondo caso perché le condotte accertate non costituiscono reato. Ciò è confermato dal fatto che l’Amministrazione non ha mai accusato il Consigliere d’Ambasciata Giffoni di alcun reato".
"Il provvedimento di destituzione si riferisce, invece, a delle gravi responsabilità di tipo amministrativo-dirigenziale fondate sull’avvenuta emissione di un significativo numero di visti di ingresso nel nostro Paese e nell'area Schengen (almeno 365), trattati al di fuori dei canali ordinari e senza che fosse esperita la dovuta istruttoria, in violazione anche della normativa europea", prosegue la Farnesina.
"In alcuni casi i visti erano stati rilasciati a soggetti fortemente sospettati di attività terroristiche e criminali - si legge ancora nella nota - Inoltre, fu riscontrata una omessa vigilanza sull’operato dei suoi collaboratori e, in generale, una gestione molto carente dell’intero settore dei visti. Pertanto - si afferma da Ministero degli Esteri - l provvedimento di destituzione e le motivazioni che ne sono alla base conservano il proprio valore indipendentemente dall’esito del processo penale".
"La decisione dell'Amministrazione, inizialmente annullata dal Tar - ricorda la Farnesina - è stata poi ritenuta pienamente legittima con una sentenza del 2019 del Consiglio di Stato, passata in giudicato".
"D’altra parte, sarebbe stato molto grave che, di fronte a siffatte responsabilità, l’Amministrazione fosse rimasta inerte e inadempiente", conclude la nota.