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Enrico Rovelli, 'con Springsteen diventammo proprio amici'

Enrico Rovelli, 'con Springsteen diventammo proprio amici'
26 gennaio 2023 | 14.54
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Enrico Rovelli, storico manager di Vasco Rossi, il primo a portarlo a San Siro, si confida oggi sul quotidiano La Ragione con una serie di aneddoti sui big della musica, anche internazionali, con cui ha avuto la fortuna di lavorare. “Con Bruce Springsteen diventammo proprio amici, è l’artista che mi ha colpito di più in assoluto: una persona rimasta umile e semplice. Con lui feci tutta la tournée dell’87”. E sul Bruce più privato si lascia scappare qualche dettaglio piccante (Bruce all’epoca era sposato con la modella e attrice Julianne Philips): “Ho visto cose che non si possono raccontare. Diciamo che ho trovato qualche mutandina in giro per il camper. Le donne degli artisti sono disposte ad accettare un po’ tutto, mentre quelle che vorrebbero finire a letto con loro sono disposte a tutto. Le dico solo che farsi trovare a letto nude nella camera d’albergo è la base”.

Rovelli si è occupato di Pino Daniele, Celentano, Renato Zero, Baglioni, Masini, Anna Oxa e tantissimi altri. Ha organizzato i concerti in Italia di Bruce Springsteen, dei Queen, David Bowie, U2 e una lista che sarebbe ancora lunghissima. Non a torto Vasco lo chiamava “il presidente”. Tanti gli incontri fortunati ma un destino anche crudele. La prima volta quando un’overdose stroncò il figlio Billy a soli 29 anni e poi nel 2010 quando l’altro figlio, Davide, ebbe un incidente a 44 anni. Come si sopravvive a tragedie del genere? Provando a contenere tutto questo dolore con l’arte, il suo primo amore, e con il bello. Si chiude proprio domani a Milano la sua mostra “Mille Volti” presso la Galleria Cael a Milano, una serie di opere che raccontano le luci e le ombre che hanno segnato la sua storia.

Fondatore del primo canale all music in Italia (poi diventato VideoMusic) e di Radio Music 100 (poi Radio Deejay), suoi anche i locali che hanno animato la Milano by night: il Rolling Stone - “quando ho saputo della sua chiusura, ho pianto”- l’Alcatraz, il CIty Square anche se quello che cita più spesso è il Carta Vetrata di Bollate, alle porte del capoluogo lombardo. “Ci veniva anche quel bandito della Comasina, Renato Vallanzasca. Non gli piaceva la musica che facevamo ma io non ho mai avuto problemi con la malavita perché non facevo discoteche normali, noi facevamo rock e loro amavano i nightclub”.

Siamo a cavallo degli 60/70, la strage di Piazza Fontana gronda sangue ancora fresco e il commissario Luigi Calabresi individua in Rovelli l’uomo giusto per “studiare” il mondo degli anarchici: “Il mio nome in codice era Anna Bolena. Stetti al gioco perché a 20 anni avevo già due figli ma se avessi fatto dei casini ai miei compagni, le assicuro che oggi non sarei qui”, ha dichiarato a La Ragione. L’artista con cui ha collaborato che secondo lui è stato più sottovalutato? “Sicuramente meriterebbe di più Fabrizio Moro. Poi Marco Masini, si è risollevato ma voleva quasi farla finita da quanto soffriva. E Fabio Concato, simpaticissimo per carità, ma lui è uno con la borsetta da impiegato, uno per la famiglia e per fare questo lavoro bisogna annullarsi completamente”.

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