Per il direttore Policy Observatory della Luiss School of Government non è un ritorno all'austerity ma una manovra che punta alla ridistribuzione. "Si punta ad un aumento delle tasse per finanziare i servizi pubblici", spiega Domenico Lombardi all'Adnkronos
Investimenti su scuola e sanità, tasse più alte imprese, super ricchi e istituti privati. La manovra del governo britannico per il 2025 è la manovra delle prime volte: la prima dei laburisti dopo 14 anni, la prima nella storia inglese ad essere presentata da una donna, la Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, la prima a prevedere un aumento delle imposte di 40 miliardi di sterline l’anno (quasi 50 miliardi di euro), caricati per quasi la metà (25 miliardi) sulle spalle dei datori di lavoro. Una somma vertiginosa, necessaria però – si sostiene dal numero 11 di Downing Street – a risanare le finanze del governo di sua Maestà, lasciate in uno stato “disastroso” dai conservatori, attraverso un pacchetto di investimenti di circa 100 miliardi in cinque anni.
La maggior parte dei nuovi introiti fiscali arriveranno proprio dalle aziende, con un aumento dei contributi previdenziali a carico dei datori pari all’1,2% (dal 13,8% al 15%) e un contestuale abbassamento della soglia di partenza da 9.100 a 5mila sterline. Ma non sono solo le imprese a pagare la ricostruzione dei servizi pubblici. Nel bilancio di ‘Robin Hood’ si prevede infatti anche un innalzamento dell'imposta sulle plusvalenze dal 10% al 18% e di quella sui biglietti dei jet privati, dell'imposta di successione, a cui si somma l’introduzione di un'aliquota Iva del 20% sulle rette scolastiche delle scuole private. Stop anche per i vantaggi delle multinazionali: non sarà più possibile avvalersi dello status di “non-dom”, che consentiva ai super ricchi di non pagare tasse sugli utili generati all’estero pur risiedendo in Inghilterra.
Alla bastonata però segue la carota, almeno per il pubblico. Reeves, infatti, ha annunciato un aumento di 22,6 miliardi di sterline del budget del Servizio sanitario nazionale (Nhs) e di 6,7 miliardi per le scuole pubbliche; al ministero della Difesa arriverà invece uno stanziamento maggiorato di quasi 3 miliardi (nell’ottica degli impegni Nato sulla spesa militare). Non solo. Il bilancio – che attende il via libera del Parlamento – prevede anche un aumento del 6,7% del salario minimo a 12,21 sterline all’ora, mentre per gli under 21 anni sale dalle 8,60 alle 10 sterline all’ora.
La legge di bilancio dalla cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, spiega il direttore del Policy Observatory della Luiss School of Government, Domenico Lombardi, "non è solo una legge di bilancio e qualcosa di più perché formula una strategia di stabilizzazione fiscale per i prossimi anni". In questo budget "prevale la componente sociale, gli investimenti sociali per la sanità e per l'istruzione. E' meno presente la componente pro business". Il governo laburista, sottolinea l'economista, "si pone come obiettivo il raggiungimento nei prossimi anni di un bilancio in pareggio all'interno di una strategia fiscale che genera risorse per finanziare le priorità che sono la sanità e l'education che nel Regno Unito negli anni passati hanno scontato sotto investimenti particolarmente rilevanti". E per generare queste risorse, spiega l'economista, "utilizzano una strategia di aumento del gettito fiscale soprattutto aumentando il cuneo fiscale e aumentando le tasse sui capital gain" generati dalla vendita di azioni "tramite un inasprimento fiscale che riguarderà soprattutto il ceto con un maggiore reddito".
Ora, rileva, "mentre alcuni aspetti fiscali genereranno naturalmente un aumento del gettito, altri presentano aspetti di maggiore incertezza. L'aumento significativo dell'aliquota sui capital gain che sale dal 10 al 18% potrebbe infatti far fuggire potenziali investitori oppure fare sì che venga rimandato il momento di realizzazione dei capital gain", ossia il momento del guadagno derivato dalla compravendita di un asset finanziario. "Dopo la Brexit questa decisione potrebbe rappresentare un ulteriore shock per la City", osserva. L'aumento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, poi, spiega Lombardi, "potrebbe avere implicazioni anche sull'occupazione che bisognerà valutare".
Per Lombardi, comunque, non si tratta di un ritorno "all'austerity" perché "in realtà si prevedono maggiori investimenti nel sociale puntando sulla sanità pubblica e scuola pubblica. Si punta ad un aumento delle tasse per finanziare servizi pubblici. E' una redistribuzione". E' indubbio, aggiunge l'economista, che la strategia del governo britannico "intende penalizzare e pesare di più su alcuni ceti più abbienti e sugli investitori e procedere ad una redistribuzione su un altro segmento della popolazione. E' sostanzialmente in linea con il programma del Labur ma è stato inserito anche un elemento di realismo: hanno aumento il cuneo fiscale sui segmenti della popolazione più influenti come avevano annunciato ma limando gli interventi".
Questa manovra, spiega ancora Lombardi, "aumenta le tasse ma lo fa in un contesto di stabilizzazione fiscale di medio periodo che è un elemento che viene valutato positivamente dal mercato". L'Obr, L'office for Budget Responsibility, l'organismo che fornisce analisi indipendenti sulle finanze pubbliche del Regno Unito, osserva l'economista, non a caso è rimasto ottimista e "prevede una crescita del pil britannico del 2% nel 2025, in leggero aumento rispetto all'1,9% stimato qualche mese fa. Nel 2026 prevede un pil a +1,8% e a +1,5% nel 2027 e nel 2028".
Per quanto riguarda gli effetti del Brexit del primo febbraio del 2020, Lombardi sottolinea che "sicuramente non c'è stato l'effetto apocalittico previsto da alcuni analisti ma bisogna dire che negli anni dell'uscita del Regno Unito dall'Ue ci siamo sempre mossi in una situazione emergenziale con politiche monetarie non convenzionali, con il Covid che ha generato un altro shock all'economia e ha fornito l'alibi per politiche espansive. Tutto questo finora ha attutito e ha contribuito a mitigare in modo significativo gli effetti negativi della Brexit. Ora il punto di domanda resta quello di sapere per quanto tempo il Regno Unito sarà in grado di attrarre investimenti come ha fatto finora, come ha fatto quando era la principale piazza finanziaria dell'Unione Europea", osserva l'economista.