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Tassazione differenziata per genere: una proposta sempre attuale e mai attuata

Tassazione differenziata per genere: una proposta sempre attuale e mai attuata
10 gennaio 2024 | 17.23
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Da anni si parla di una tassazione differenziata per genere: la proposta non ha mai trovato applicazione, ma anno dopo anno resta attuale. E lo dimostrano anche gli ultimi dati ISTAT sull’occupazione femminile

Prevedere una tassazione agevolata sul lavoro delle donne per favorire l’occupazione femminile e migliorare la distribuzione del carico di lavoro all’interno delle famiglie: è questa la proposta arrivata dagli economisti Andrea Ichino dell’European University Institute e Alberto Alesina della Harvard University circa 15 anni fa.

La gender tax, tassazione differenziata per genere, non è mai stata attuata. Dopo più di un decennio, però, resta ancora attuale. E lo dimostrano i dati sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Da dove nasce la proposta di una tassazione differenziata per genere

In estrema sintesi la gender tax si propone di tassare in maniera diversa uomini e donne, prevedendo per i primi un'imposizione fiscale più alta in modo tale da rendere più favorevole il lavoro femminile.

L’idea incontra una serie di criticità, uno su tutti il principio della parità sancito dall’articolo 3 della Costituzione, ed è anche per questo che non ha mai visto la luce, sebbene se ne parli dal 2007.

L’aspetto rilevante è che, al di là delle valutazioni sull’applicabilità della tassazione differenziata per genere, l’origine e lo scopo con cui nasce la proposta resta ancora una questione cruciale.

In altre parole: da osservare non è tanto, o non solo, la soluzione proposta, quanto il problema da risolvere.

Alesina e Ichino hanno formulato l’ipotesi di una gender tax osservando un contesto in cui la divisione dei ruoli “sbilanciata a causa dei ruoli di genere storicamente indotti”, come si legge nello studio “Gender Based Taxation and the Division of Family Chores”, ha effetti anche sulla partecipazione al mondo del lavoro delle donne.

Perché la proposta di una tassazione differenziata per genere resta attuale

Dopo anni resta ancora da formulare una strategia efficace per accorciare le distanze tra i generi sul mercato del lavoro, e lo dimostrano anche le ultime rilevazioni ISTAT pubblicate il 9 gennaio 2024.

Nel mese di novembre 2023 il tasso di occupazione maschile risulta pari al 70,8 per cento, mentre quello femminile, nonostante sia in aumento, si ferma al 52,9 per cento con una differenza di 17,9 punti.

Ancora più rilevanti sono i dati che riguardano le donne inattive, quelle che non possono essere classificate né come occupatedisoccupate, ovvero che non hanno effettuato neanche un’azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono il periodo analizzato e che non risultano disponibili a lavorare entro le due settimane successive.

Mentre il tasso di inattività femminile supera il 42 per cento, quello maschile si ferma al 24.

Bastano queste due cifre a delineare un quadro occupazionale nettamente sbilanciato tra uomini e donne che rendono ancora attuale la proposta di uno sbilanciamento inverso, e quindi a favore delle donne, nel modello di tassazione.

D’altronde se da un lato l’idea di una gender tax appare difficilmente applicabile, dall’altro sull’impatto del Fisco sull’occupazione femminile non ci sono dubbi, come dimostra anche lo studio Women, Labour markets and economic growth, 2023 presentato dalla Banca d’Italia lo scorso giugno.

Analizzando tassazione e agevolazioni in vigore in Italia, lo studio arriva a una conclusione chiara: il sistema italiano penalizza il secondo percettore di reddito all’interno della famiglia che, di solito, è donna.

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