In occasione dei settant'anni dalla morte dello scienziato, Gallucci manda sugli scaffali 'Enrico Fermi, il genio atomico'
Enrico Fermi raccontato ai ragazzi del nostro tempo attraverso gli occhi di quattro personaggi di fantasia che lo hanno visto da vicino. Un modo per presentare un gigante della scienza ai giovani in un volume che può insegnare tanto anche ai lettori più maturi. Il padre del primo reattore nucleare, protagonista del progetto Manhattan, il programma di ricerca che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche, rivive nelle pagine di 'Enrico Fermi. Il genio atomico'. Il libro scritto da Andrea Pau - con la consulenza scientifica di Vincenzo Barone, docente di Fisica teoretica all'Università del Piemonte Occidentale - viene pubblicato da Gallucci Editore in occasione dei settant'anni dalla morte del premio Nobel avvenuta il 28 novembre 1954.
Chi era Enrico Fermi e come raccontarlo ai giovani che si accostano alla sua figura? "E' stato uno scienziato e una persona coerente - dice Pau all'Adnkronos -. La sua figura ci insegna che nessuno di noi, anche una persona dotata di un intelletto più alto come lui, è destinato a non commettere errori. Tutti abbiamo la possibilità di commetterli. Dobbiamo essere guidati, però, da una certa rettitudine etica e da un modo di intendere il nostro ruolo nel mondo. In questo, Fermi può essere un esempio: ha cercato di comportarsi nel miglior modo possibile. Sapeva che siamo solo degli uomini e spesso diamo vita a degli atti più grandi di noi, senza che possiamo farci granché. Ma l'importante è farci guidare da un'etica profonda. F ermi è stato profondamente etico".
Quella dello scienziato è stata una figura complessa e sfaccettata che va considerata nella sua interezza studiandola a fondo. "E' vero - riflette Pau, scrittore per ragazzi fin dal 2010 - che, per descrivere Fermi, non si può prescindere dal momento in cui viene testata la bomba atomica che sarà lanciata in Giappone. Questo è una delle fasi più forti della sua biografia. In realtà, però, c'è tantissimo altro: c'è una persona che a volte ha cambiato idea, ma è stata sempre coerente nella ricerca di una spiegazione alle domande più profonde in cui si imbatteva".
Premio Nobel per la Fisica nel 1938, Fermi è stato uno degli scienziati più significativi del suo tempo. Un 'gigante' che, dopo aver guidato il gruppo dei 'ragazzi di via Panisperna', si trasferì negli Stati Uniti dove proseguì il suo lavoro. Raccontare a una platea di giovani lettori uno dei più importanti ricercatori della storia moderna "non è così banale: ci sono tantissime biografie destinate alle persone più mature. Alcune bellissime, come il libro della moglie di Fermi, Laura Capon, sono da tempo fuori catalogo. E' veramente un romanzo pieno di informazioni utilissime e tra l'altro scritto benissimo. Nella mia narrazione ho cercato di amalgamare le vicende storiche di Fermi con una parte di fiction. Per questo la sua vita viene narrata da quattro personaggi immaginari, ma credibili. Volevo che ci fosse uno sguardo esterno - che mi ha permesso di avvicinarmi ai lettori - e non solo quello dello scienziato. Fermi ha vinto il Nobel nel 1938", ribadisce Pau ricordando che "lo ottenero almeno una decina di suoi allievi. E' stata una figura preminente anche nel campo dell'insegnamento. Aveva un grandissimo talento nel trasmettere la sua conoscenza. Non aveva alcuna gelosia nel trasmettere ciò che aveva scoperto negli anni dei suoi esperimenti, e in quelli in cui cercava di affiancare alla fisica sperimentale quella teorica".
Ricordando anche Guglielmo Marconi, di cui quest'anno si celebrano i 150 anni dalla nascita, lo scrittore sottolinea infine che "c'è stato un momento in cui la scienza italiana ha avuto la preeminenza. I nostri scienziati, grazie al miglioramento dei finanziamenti, hanno avuto una crescita esponenziale. Tutto si è interrotto nel momento in cui l'Italia fascista si è avviata verso la disgrazia della guerra. I fisici tedeschi avevano avuto delle 'perdite' a causa del nazismo: moltissimi di loro, che erano ebrei, se ne andarono. La stessa cosa successe in Italia. Fermi non era ebreo, ma lo era sua moglie. All'indomani delle leggi razziali, proprio quando vinse il Nobel, decise di lasciare l'Italia stabilendosi negli Stati Uniti d'America. Questo ci insegna che è molto probabile che, nel momento in cui la libertà dello scienziato viene legata ai destini di un regime, viene boicottata, tagliata e bruciata la sua voglia di dedicare alla scienza la vita. Cosa che, invece, ha fatto sempre Fermi. C'è un stretto legame tra libertà e capacità di avanzare negli studi", conclude Pau.
(di Carlo Roma)