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Zecche e Sindrome alfa-Gal, cos'è l'allergia che allarma gli Usa

Si tratta di una reazione che si scatena dopo l'ingestione di alcuni alimenti, principalmente la carne rossa

Una zecca - (Foto 123RF)
Una zecca - (Foto 123RF)
16 ottobre 2023 | 16.33
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Con un ottobre tra i più caldi della storia è aumentato anche il periodo di attività delle zecche, vettore di malattie. Il Sistema nazionale di sorveglianza delle arbovirosi, malattie causate da virus trasmessi tramite morso o puntura, dell’Istituto superiore di sanità monitora puntualmente la situazione. Tra le zone maggiormente colpite c’è il Nordest d’Italia, dove l’Istituto zooprofilattico delle Venezie nel 2023 ha registrato 13 casi di encefalite da zecca e 5 di infezione virale da zecca. La zecca è anche responsabile della diffusione della cosiddetta 'Sindrome alfa-Gal' molto più conosciuta negli Stati Uniti, dove si è riscontrata una impennata di casi, ma che sta allarmando anche l'Europa e quindi l'Italia.

Si tratta di una reazione allergica che si scatena dopo ingestione di alcuni alimenti, principalmente la carne rossa, da qui la denominazione di 'sindrome da barbecue'. "La Sindrome alfa-Gal - ha recentemente spiegato Cosby Stone, ricercatore di allergologia e immunologia della Vanderbilt University (Usa) - è dovuta al morso della zecca Ixodes, nota come zecca dei boschi, che può iniettare nel soggetto colpito il carboidrato α-Gal presente nella sua saliva. Questo scatena una sensibilizzazione del sistema immunitario con produzione di anticorpi IgE dirette contro l’alfa-Gal, e responsabili delle reazioni allergiche".

Sintomi

"La diagnosi della 'Sindrome alfa-Gal' è generalmente complessa e può richiedere del tempo poiché i sintomi, come orticaria, diarrea, vomito, difficoltà respiratorie, gonfiore, possono manifestarsi diverse ore dopo l’assunzione di carne rossa. In realtà sono molti gli alimenti che contengono alfa-Gal, tutti di derivazione animale, come il latte vaccino, o i grassi che possono essere usati per la cottura degli alimenti in genere", ha evidenziato Stone.

Nel 70% dei casi l’infezione si presenta con sintomi lievi, mentre nei rimanenti, dopo un periodo di incubazione che va dai 3 ai 28 giorni, si presentano sintomi similinfluenzali come febbre alta, cefalea, mal di gola, astenia, mialgie e artralgie. Nel 20-30% di questi casi, dopo un intervallo senza sintomi, si manifestano disturbi del sistema nervoso centrale. L’infezione da sottotipo europeo si può poi complicare ulteriormente con conseguenze neurologiche a lungo termine.

Azienda italiana ha sviluppato un test che svela rischi nei dispositivi medici

In Italia c’è un’azienda che lavora nel campo biomedicale che ha sviluppato un test proprio sull’alfa-Gal ed è in grado di misurarne il livello negli alimenti e nei dispositivi medici di origine di tipo biologica, come le bioprotesi valvolari cardiache, che sono costruite con tessuti bovini e suini. Bci (Biocompatibility Innovation) sta collaborando con l’industria medicale nel settore dei biomateriali proprio perché questi, in molti casi contengono alfa-Gal e innescano reazioni di tipo immunitario. La tecnologia brevettata 'Facta', sviluppata di Bci, è in grado di inibire le reazioni allergiche date dai dispositivi biologici perché in grado di inattivare l'alfa-Gal.

“Con il nostro trattamento – spiega Alessandro Gandaglia, Ceo della startup Bci - riusciamo a neutralizzare pressoché totalmente la presenza di alfa-Gal e quindi evitare reazioni avverse nel paziente. Il dato americano sulle reazioni allergiche al morso di zecca è preoccupante, se queste persone dovessero infatti essere costrette a usare in futuro delle bioprotesi sarebbe un grave problema dal punto di vista sanitario. Per loro infatti le conseguenze, potrebbero metterne a rischio la vita stessa.

In Italia le forme neuroinvasive sono davvero rare

"Le zecche – ricorda Antonia Ricci, direttore generale dell’IzsVe – svolgono il ruolo di vettori dell’infezione, mentre gli animali selvatici, soprattutto i roditori sono il serbatoio del virus. Fortunatamente in Italia e in particolare nel Triveneto, dove la loro presenza è maggiore, i casi riscontrati sono pochi e le forme neuroinvasive sono davvero rare. Come Istituto teniamo comunque alta la guardia attraverso le attività di sorveglianza descritte nel Piano nazionale arbovirosi e garantendo supporto operativo alle Asl, per esempio nel caso di campionamenti specifici in aree a rischio".

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