Emma Conti (Mediterranean Hope): "Alcuni non riuscivano neppure a camminare. Tra i sopravvissuti anche la mamma di una delle vittime. Servono canali sicuri o nuovi drammi"
"I sopravvissuti erano tutti parecchio provati e sotto choc, molti in stato di ipotermia. Avevano difficoltà a camminare, non riuscivano a muovere le gambe, alcuni sono stati trasportati di peso. Tutti erano in condizioni veramente critiche". A dirlo all'Adnkronos è Emma Conti, operatrice di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che oggi al molo Favaloro, a Lampedusa, ha accolto i 49 migranti, tratti in salvo dagli uomini della Guardia costiera dopo il ribaltamento del barchino su cui viaggiavano. Sulla carretta in ferro partita venerdì scorso da Sfax, in Tunisia, viaggiavano in 51. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, al momento dei soccorsi i naufraghi si sarebbero spostati tutti da un lato, un movimento improvviso che ha fatto capovolgere l'imbarcazione. Per due migranti non c'è stato nulla da fare. I loro corpi senza vita sono stati sbarcati al molo insieme ai sopravvissuti.
"Sono stati diversi giorni in mare, è stata una traversata molto difficile", racconta Emma. Tra i superstiti anche la madre e il fratello di una delle due vittime. "Soprattutto la mamma era parecchio provata, tutti sono stati immediatamente trasferiti all'hotspot. Avevano i vestiti zuppi d'acqua". I migranti, tra cui anche una donna incinta, arrivano da Camerun, Burkina Faso, Guinea, Mali, Gambia, Senegal e Costa d'Avorio. Emma a Lampedusa è arrivata da un anno e mezzo. E da allora il copione è sempre lo stesso. "Continuiamo a contare naufragi, morti, dispersi - dice -, solo una piccola parte di quelli reali perché senza testimoni nel Mediterraneo centrale è difficile avere numeri certi". L'unica cosa che ferma gli approdi è il maltempo. "Tutti noi sappiamo che con le onde alte e il forte vento gli arrivi diminuiscono, salvo poi tornare a crescere appena il tempo migliora - dice -. Ma i flussi cambiano anche in virtù degli accordi di esternalizzazione delle frontiere. Il 2023 si è caratterizzato per la rotta tunisina, dallo scorso ottobre le partenze da Sfax sono diminuite ma non certo interrotte. Tanti tra coloro che sono approdati qui ci hanno raccontato delle violenze subite in Tunisia prima di riuscire a partire".