"Da noi solo per gravi fatti di cronaca. Ascoltateci e stop al gioco dei politici''. Tommy Kuti, rapper afroitaliano non ha dubbi nel prendere una posizione dopo i fatti accaduti nel quartiere Corvetto di Milano negli scorsi giorni, protagonista di disordini e vandalismi in seguito alla morte del 19enne di origine egiziana Ramy Elgaml. Secondo il cantante troppo spesso “si finisce a parlare di ragazzi di seconda generazione dopo situazioni o fatti di cronaca estremi e i – dice all’Adnkronos Tommy Kuti, il rapper afroitaliano, qui da quando aveva 2 anni– oltre a essere un problema, è un sintomo dell’arretratezza dell’Italia su questi temi”. Per i ragazzi e le ragazze figli di immigrati è difficile sentirsi italiani al 100%, “ci vuole un grande sforzo”.
Tommy ha passato l’infanzia sulle sponde del lago di Garda, in provincia di Brescia, in una comunità di persone nigeriane cresciute in Italia. Il suo quotidiano è differente da quello degli altri: “Il 98% dei miei amici se ne sono andati dall’Italia perché non si sono mai sentiti integrati”. Una conseguenza dettata dal clima di diffidenza verso ciò che non si conosce. “Quando un italiano incontra un nero – spiega – viene quasi naturale pensare cose negative. È così che si crea quella tensione che porta poi alla perdita di persone, come i miei amici”. Mentre si parla di sbarchi, maranza e criminalità giovanile “diventiamo miopi e ignoriamo quello che questi ragazzi possono realmente offrire”.
Secondo Tommy c'è un problema: il Paese è spesso abituato a interagire con gli italiani di seconda e terza generazione solo quando si tratta di problemi da risolvere, mentre “non c’è una narrazione che tratti storia di normalità o quotidianità”. Quello che serve fare, per il rapper, è “confrontarsi e cambiare la narrativa così che anche i parlamentari di destra smetterebbero di dire che è sempre colpa dell’immigrazione”.