Parroci sull’orlo di una crisi di nervi. E non si fa per dire. Sempre più schiacciati da incombenze, i parroci sono esposti a serio rischio di burn-out. Il tema, che è stato affrontato tempo fa anche dall’Unione superiori generali (Uisg) per mettere a nudo le questioni più spinose della vita nei conventi con diverse religiose colpite dalla sindrome da esaurimento, è stato oggi al centro di un convegno organizzato a Milano sul tema ‘Disabilità e appartenenza’, promosso dal Servizio Cei. "La moltiplicazione degli incarichi dei parroci, che non rallenta, - ha messo in guardia don Ubaldo Montisci, docente di Metodologia catechetica e formazione all’Università pontificia salesiana nel suo intervento riportato dal Sir - li espone, quando va bene, all’impossibilità di essere pastori come vorrebbero, costretti come sono a correre di qua e di là, trascurando molte cose o agendo in modo affrettato; quando va meno bene, li sottopone a un serio rischio di burnout".
Bisogna fare i conti con la riduzione di preti: "La contrazione numerica dei presbiteri incide notevolmente sulla gestione delle parrocchie. Le nuove presenze di Chiesa - unità pastorali, zone pastorali... - stentano a trovare spazio in un contesto ecclesiale assuefatto alla presenza capillare delle parrocchie", ha detto Montisci mettendo in guardia sul fatto che "il clericalismo si manifesta nella tendenza a concentrare nelle mani dei presbiteri – pochi, che divengono sempre di meno - l’insieme delle incombenze che la parrocchia richiede; a ciò si aggiunge, talvolta, la mancata valorizzazione degli organismi di partecipazione parrocchiale, quando presenti", ha detto il docente.
Bisognerebbe coinvolgere maggiormente i laici, nel rispetto dei ruoli: "Eppure, - ha osservato don Montisci - si fatica a prendere in seria considerazione la possibile partecipazione dei laici, nel rispetto dei ruoli e dei diversi gradi di responsabilità, alla vita della parrocchia. Anche la recente Istruzione, dedicando uno spazio sovrabbondante al ruolo del parroco e del clero presente nella parrocchia, sembra perpetuare questa prospettiva. La cura pastorale di una parrocchia affidata a persone che non siano ministri ordinati è sì contemplata, ma considerata come ‘una soluzione pastorale straordinaria e temporanea’".
Difficile trovare statistiche su quanti siano in Italia i parroci colpiti da burn-out. Tra le poche ricerche, se non l’unica, a livello diocesano, quella di don Giorgio Ronzoni, pastoralista che a budget zero anni fa condusse uno studio nella diocesi di Padova. "Purtroppo - osserva all’Adnkronos don Ronzoni- questo studio non ha avuto un grande seguito. Non si investe sul disagio, non si va a scavare più di tanto, forse perché il tema è scomodo, ma non è che non indagando i preti non vadano in burn-out".
Da quanto aveva appurato il pastoralista nella diocesi veneta, le principali cause di esaurimento, come spiega, "derivavano dal venire meno del senso di appartenenza e dalla percezione del contrasto tra i propri valori e quelli dell’istituzione , da una percezione di lontananza dei superiori e della mancanza di solidarietà dei confratelli; nei preti in burn out incideva anche molto il sovraccarico di lavoro e la gratificazione insufficiente".
Sta di fatto che, come sottolinea il sacerdote autore della ricerca sul burn out del clero, "c’è un numero sempre maggiore di sacerdoti che non vuole assumere un incarico di parrocchie perché, a causa del sovraccarico di lavoro, viene percepiti come qualcosa di sempre meno pastorale. Tante incombenze, un eccesso di burocrazia, sta di fatto che laddove si accumulano il numero di parrocchie per singolo parroco, è più facile trovare il disagio".