Chiedono aiuti immediati per far fronte ad aumenti fino al 400% in un anno. Ma soprattutto chiedono interventi strutturali per far sì che il costo dell'energia non sia sottoposto a questi continui rialzi. Sono i presidenti degli industriali di Veneto, Marche, Puglia e Toscana Sud.
Chiedono aiuti immediati per far fronte ad aumenti fino al 400% in un anno. Ma soprattutto chiedono interventi strutturali per far sì che il costo dell'energia non sia sottoposto a questi continui rialzi. Sono i presidenti degli industriali di Veneto, Marche, Puglia e Toscana Sud.
Carraro (Veneto), 'governo metta mano al portafoglio'
Contro l'impennata dei prezzi di luce e gas, "la prima cosa da fare è venire in aiuto alle imprese e, per farlo, l'unica cosa è mettere mano al portafoglio". E' il messaggio forte e chiaro che manda al Governo, Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto. "Per le aziende sensibili al costo di luce e gas -dice ad Adnkronos-Labitalia- occorre trovare degli aiuti sostanziali e degli sgravi. In questo senso, i 4 miliardi annunciati mi sembrano assolitamente insufficienti, ce ne vorrebbero molti di più". "Il vero problema dei rincari energetici -osserva Carraro- lo stanno affrontando aziende come le fonderie, le acciaierie, chi fa ceramica, l'industria cartaria. Tutti settori dove la componente energetica sul prezzo del prodotto arriva fino al 15-20% con conseguenze disastrose". "Oggi non vediamo nel breve periodo segnali rimodulazione del prezzo dell'energia, e andiamo avanti alla giornata, navigando a vista". Tanto è vero che le aziende cercano in ogni modo di ridurre i costi dell'energia: "Ci sono tante imprese per esempio -spiega Carraro- che cercano di rimodulare l'orario di lavoro fuori dalle fasce orarie in cui l'energiache costano di più"."Il caro-energia lo sento sulla mia pelle: anche noi in azienda abbiamo subito un aumento incredibile dei costi energetici, cosa che ovviamente va ad erodere la marginalità. Per noi la componente energetica nel prezzo del prodotto è raddoppiata. Per ora come Gruppo Carraro reggiamo bene e non vediamo ancora all'orizzonte chiusure, ma è certamente un grande onere " dice Carraro. Il mercato principale del Gruppo Carraro è l'agricoltura, con la produzione di ingranaggi, sistemi di trasmissione e trattori specializzati per i principali costruttori mondiali di macchine agricole. "Ci sono aziende nel nostro gruppo più o meno energivore -precisa Carraro- ma laddove la componente dell'energia è pesante c'è l'impossibilità immediata di riversare i costi ai clienti". Dunque l'impennata dei prezzi dell'energia, dice Carraro, per ora "solo in parte si scarica sugli utenti, e in parte riduce la marginalità dell'azienda". "Quest'ultimo aspetto, nel lungo periodo, significa che si investirà di meno perché ci sono meno flussi di cassa. E' un problema per il quale, se non c'è una svolta, pagheremo delle conseguenze anche in futuro", conclude.
Schiavoni (Marche), 'are una politica industriale a lungo termine'
"Fare una politica industriale a lungo termine, della quale trarremo i benefici tra qualche anno, e mettere mano in maniera strutturale, non con misure-tampone, anche al costo delle bollette, visto che si parla di aumenti del 423% nel 2021". E' la ricetta che suggerisce con Adnkronos/Labitalia Claudio Schiavoni, presidente di Confindustria Marche e titolare di un'azienda elettro-meccanica che produce quadri elettrici. "Vedo che il governo sta lavorando per risolvere il problema che hanno nell'immediato le aziende -osserva Schiavoni- ma anche questi 4 mld che sembra saranno sul tavolo, sono misure-tampone. Se l'aumento delle accise diventa un aumento strutturale, il problema è che poi tutti questi rincari ce li ritroveremo sul prodotto finale e se oggi una risma di carta costa 1euro domani costerà 2,5 euro. Insomma, diventa un problema serio anche per i consumatori". "Nelle Marche -ricorda il presidente degli industriali marchigiani- abbiamo diversi distretti energivori: oltre a quello della carta, nella zona del pesarese abbiamo quello delle pentole, poi c'è il settore della plastica e polimeri e, sparse nella Regione, varie aziende che lavorando il ferro, e altre che lavorano l'alluminio per l'elettrodomestico". Comunque, nel territorio della Regione Marche, per ora "avvisaglie di chiusure non ne abbiamo avute ma è evidente che parlando con le aziende più energivore, la preoccupazione sul futuro e su fino a quando si potrà stare aperti c'è", ammette Schiavoni. "Il caro bollette va affrontato anche a lungo termine -dice Schiavoni- con un piano strutturale che come Paese bisogna mettere in atto. Bisogna trovare il modo di produrre energia a basso costo e sicuramente le rinnovabili non sono a basso costo. Va bene la transizione ecologica e l'ambiente, ma bisogna fare i conti con l'oggi e mettere subito in atto un piano energetico nazionale. I numeri dell'energia ci dicono che l'Italia dipende al 42% dal gas naturale, la Francia al 17%. Siamo un Paese che se ci chiudono i rubinetti del gas, siamo nei guai". C'è poi il problema degli appalti: "Chi ha contratto a lungo termine e fa fornitura nel lungo periodo, magari per 2-3 anni avendo ha preso un appalto o avendo vinto una gara, in queste condizioni, non riesce a riversare sull'utente finale il rincaro dell'energia. Insomma ha stipulato un accordo ad un certo prezzo e ora si trova in grandi difficoltà", conclude Schiavoni.
Fontana (Puglia), aziende pasta e calzature sul piede di guerra
"Nel nostro territorio ci sono diverse aziende di alcuni comparti fortemente energivori, come quello della pasta e delle calzature che sono sul piede di guerra per difendere lavoro e produzione, perché la situazione anche qui è tragica: gli aumenti devono essere calmierati e lo saranno con qualche pannicello caldo, ma non sarà coi pannicelli caldi che guariremo l'Italia dal male dell'alto costo dell'energia". Lo spiega ad Adnkronos/Labitalia Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, che descrive un territorio fortemente provato nella sua vocazione produttiva dagli aumenti di luce e gas e dai rincari delle materie prime. "C'è bisogno di interventi strutturali -dice ancora Fontana- e di avere una politica energetica nazionale importante. Questa deve essere una priorità per un Paese che è la seconda manifattura nazionale d'Europa, dobbiamo trovare soluzioni condivise". Fontana avverte: "Non possiamo drenare soldi dalla Pubblica Amministrazione per diminuire il caro-bollette. Siccome utilizziamo molta energia, da qualche parte la dobbiamo prendere e se vogliamo l'energia green, allora mettiamo pale eoliche dappertutto oppure dobbiamo usare dappertutto i pannelli fotovoltaici". "Non saranno soluzioni ideali -ammette Fontana- ma non possiamo permetterci di non fare scelte che, saranno anche dolorose e si spera il più possibile compatibili con l'ambiente, ma vanno fatte". "Siamo al punto che i nostri prodotti non solo hanno un costo che è aumentato enormemente, -sottolinea il presidente degli industriali pugliesi-, ma, in più, si confrontano con delle politiche energetiche di altre nazioni europee che sono diverse dalle nostre". "Produrre ceramica o cemento o occhiali -spiega Fontana- è molto meglio farlo in Francia che non in Puglia, perché in Francia hanno una politica energetica tale per cui stanno pensando al nucleare di nuova generazione. Non so se è la soluzione giusta, noi dobbiamo pensare a una transizione energetica sostenibile, ma sicuramente sono agevolati".
Bernini (Toscana Sud), 'puntare sulle comunità energetiche'
"Il caro-bollette è vissuto male, malissimo perchè aumenta al pari di una materia prima, il costo del prodotto del mercato. E si rischia di non essere competitivi sul mercato: basti pensare che con questi aumenti in Italia l'energia si paga il 70% in più rispetto alla media europea". Lo dice ad Adnkronos/Labitalia l'imprenditore valdarnese Fabrizio Bernini, presidente della Zucchetti Centro Sistemi e presidente di Confindustria Toscana Sud, che rappresenta le industrie di Arezzo, Siena e Grosseto. "Rispetto all'anno scorso l'aumento è stato del 300% , veramente pesante e preoccupante", ribadisce Bernini che spera molto in un intervento governativo. "Siamo tutti in attesa -spiega-; so che stanno cercando una forma di ammortizzatore a livello governativo e la Confindustria a livello nazionale sta spingendo per trovare una soluzione". Bernini ha anche una sua proposta che sta cercando di rendere attuabile proprio nell'area della Toscana Sud: "Creare centinaia di KW/ora di energia nelle aziende tramite il fotovoltaico, in modo tale da essere più autonomi e far sì che il Governo liberalizzi ancora di più le comunità energetiche rinnovabili". Una comunità energetica è un'associazione composta da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o cittadini privati, che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l'autoconsumo attraverso un modello basato sulla condivisione. Si tratta di una forma energetica collaborativa, basata un sistema di scambio locale per favorire la gestione congiunta, lo sviluppo sostenibile e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale.Le comunità energetiche sono regolate nel nostro Paese soprattutto dal recepimento della Direttiva europea Red II 2001/2018, con la quale l'Ue riconosce valenza giuridica alle associazioni e introduce la figura del produttore/consumatore di energia (prosumer). "L'idea che noi abbiamo in Confindustria Toscana Sud è quella di creare una comunità energetica complessiva, in cui sui tetti di tutte le aziende c'è energia e ognuno cede energia a chi consuma di più", dice Bernini. A soffrire di più il caro l'impennata di luce e gas è la provincia aretina, dove si concentra il 70% circa del totale delle industrie delle tre province. "Il distretto orafo consuma molta energia -ricorda Bernini- così come il distretto moda. A Siena c'è la chimica, mentre a Grosseto ci sono serre e aziende conserviere che consumano tanta energia. E' chiaro che come Confindustria siamo molto attenti a quello che farà il governo e riponiamo molte aspettative nel decreto che sarà adottato". "Bene ha fatto il presidente Bonomi a porre la questione con fermezza: è anche un problema di concorrenza sleale -afferma Bernini-. Alcune aziende, specie quelle dei prodotti più maturi come quelle del cartario, dove si soffre anche molto la concorrenza cinese, sono al limite. E si cominciano a sentire degli scricchiolii". (di Mariangela Pani)