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Carboni, libro di Pazienza: "Lo conobbi nell'81, me lo presentò D'Amato, non era millantatore"

24 gennaio 2022 | 13.09
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Flavio Carboni e Francesco Pazienza: due uomini legati dall'essere stati tirati in ballo nei più grandi misteri italiani. Nel suo "La versione di Pazienza", dal 27 gennaio in libreria per Chiarelettere (240 pagg., 16 euro), l'ex 007 racconta come avvenne il loro primo incontro.

"Avevo conosciuto Carboni nel febbraio del 1981: mi era stato presentato da un amico di D’Amato (Umberto D'Amato, direttore dell'Ufficio Affari Riservati del Ministero dell'interno dal 1971 al 1974, nd), Francesco Pompò, all’epoca dirigente del Primo Distretto di polizia di Roma. Carboni si trovava nell’ufficio di Pompò per ritirare il passaporto di cui aveva chiesto il rinnovo. L’uomo d’affari sardo mi aveva subito magnificato le sue relazioni, in particolare aveva ostentato quella con il principe Carlo Caracciolo, il socio di Eugenio Scalfari a la Repubblica e L’Espresso. Dato che Roma è popolata di torme di millantatori di ogni genere, volli controllare se Carboni dicesse la verità. Allora non conoscevo ancora Caracciolo, ma sapevo che era un ottimo amico di Umbertino D’Amato, che teneva la seguitissima rubrica gastronomica su L’Espresso: gli chiesi perciò di fare una verifica dei reali rapporti tra due persone così diverse, Caracciolo e Carboni. La risposta fu che non solo i due si conoscevano benissimo, ma avevano addirittura in comune un’attività editoriale a Sassari nel quotidiano 'La Nuova Sardegna'".

Poi Pazienza racconta di un altro episodio legato alla Banda della Magliana: "Pochi giorni dopo la nostra conoscenza, Carboni mi presentò Domenico Balducci, detto Memmo, qualificandolo come suo socio in grosse operazioni immobiliari, soprattutto in Sardegna: Memmo finì la sua corsa il 16 ottobre 1981, pare che avesse sottratto parecchi soldi a Pippo Calò, uno dei boss più importanti di Cosa nostra. Lo freddarono in strada a Roma, vicino alla sua lussuosa villa. Fu un gruppo di 'testaccini', esponenti del quartiere di Testaccio dentro la Banda della Magliana, mandati a regolare definitivamente il conto con Memmo 'er Cravattaro', che nella capitale significa usuraio".

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