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Afghanistan, gen. Iasson: "20 anni qui non sono stati inutili, ridata dignità a questa gente"

"Nel 2001 aprii l'ambasciata a Kabul, un dolore vederla chiudere. Centinaia di famiglie messe in salvo in pochi giorni, loro sorriso dà forza"

Afp
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29 agosto 2021 | 14.54
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“Ho aperto io l’ambasciata in Afghanistan, con l’inizio della missione Isaf nel 2001, tirai su la bandiera italiana, e vederla chiudere mi è dispiaciuto tanto. Ho lasciato un pezzo di cuore lì, ma vedere il sorriso delle migliaia di persone, centinaia di famiglie, che abbiamo messo in salvo in questi giorni, ci dà forza, perché il lavoro dei Carabinieri è stare in mezzo alla gente ed aiutare. E’ un’esperienza che mi ha segnato ma nella mia testa l’Afghanistan non l’abbandono, siamo sempre pronti per qualsiasi missione ci chiedano di compiere”. Così il generale Stefano Iasson, Comandante della Brigata mobile dei carabinieri, in un’intervista all’Adnkronos, fa un bilancio dell’attività svolta in Afghanistan in venti anni e commenta gli ultimi giorni di evacuazione dei civili afghani.

“Fummo i primi ad arrivare in Afghanistan, io per il Tuscania, poi c’era l’ambasciatore Domenico Giorgi e il colonnello Battisti, capo della missione per l’Esercito. E’ triste vedere chiudere l’ambasciata ma i rischi sono troppo elevati, come si è visto, in Afghanistan in ogni momento può avvenire un attentato” sottolinea.

Il generale Iasson ricorda tutto dei primi giorni del 2001 in Afghanistan. “Festeggiammo lì il 31 dicembre, eravamo pochissimi, e dopo un mese eravamo già tutti in azione. Iniziammo col presidiare la base insieme agli inglesi, il Tuscania si occupava anche della protezione dell’ambasciatore”. Poi cominciò l’attività di addestramento. “Iniziammo con l’addestrare le guardie del corpo dei ministri, per passare all’addestramento della polizia afghana, compito che abbiamo svolto fino a poco tempo fa”.

“Vedere lo sfaldamento dell’esercito afghano mi ha colpito, noi però addestravamo i poliziotti, e devo dire che ho sempre trovato persone preparate e motivate, che purtroppo sono anche morti, dal poliziotto al comandante. Qualche problema sorgeva quando non ricevevano i salari, poi però, anche con la nostra mediazione, venivano retribuiti e tutto tornava a posto” prosegue Iasson.

“Quello che mi piace ricordare è che ad Herat abbiamo addestrato le prime poliziotte afghane, da lì poi hanno creato una sorta di sezione di poliziotte che potevano perquisire le donne”.

Vittime ci sono state anche fra i carabinieri in questi 20 anni in Afghanistan. Iasson ricorda il carabiniere Manuele Braj, morto in un attacco terroristico) e Cristiano Congiu, ucciso in un conflitto a fuoco, oltre ai militari dell’Arma rimasti feriti. Il generale non ci sta a dover sentire qualcuno dire che questi 20 anni in Afghanistan sono stati inutili. “Abbiamo dato la dignità a questa gente” sottolinea.

Ma soprattutto c’è l’attività svolta in questi ultimi giorni per portare in salvo i civili. “Il Tuscania ha saputo operare con professionalità e umanità, sono usciti dall’aeroporto in mezzo a queste folle di gente e sono riusciti a salvare centinaia di famiglie, siamo stati la nazione che ha fatto rientrare più persone possibile, quasi 5mila” ricorda. E, davanti a una distesa di centinaia di migliaia di persone che si accalcava fuori dall’aeroporto, un aiuto prezioso è venuto anche dalla tecnologia. “Ci mettevamo in contatto via Whatsapp con le persone che dovevamo recuperare e poi gli facevamo condividere la posizione su Google Maps – spiega – Io stesso ho ‘pilotato’ in diretta al telefono, passando per il capitano del Tuscania, una famiglia che aveva collaborato con noi e che adesso è in salvo in Italia. Ho detto loro di raggiungere un determinato punto dove li abbiamo recuperati”.

Fra le cose belle da ricordare per il generale Iasson ci sono sicuramente i tanti sorrisi degli afghani salvati, “vedere la loro gioia, la vita che riprende. E poi ci sono tutte le attività condotte in Afghanistan, ho avuto rapporti stupendi, anche di amicizia, con le autorità afghane, dal poliziotto semplice al generale, le loro famiglie ci invitavano a cena, proprio come si fa da noi. E molti fra loro sono morti in attacchi terroristici”.

Tristezza per dover lasciare l’Afghanistan, ma nessun rammarico per quanto svolto, e soprattutto sempre pronti a tornare sul campo. “Purtroppo siamo dovuti andare via quando c’era ancora molto da fare, ma non ci scoraggiamo, il Tuscania, (di cui gli ultimi carabinieri sono rientrati ieri, ndr) è sempre pronto per qualsiasi missione dovesse rendersi necessaria, ovunque lo Stato italiano ci chiederà di andare. Noi – conclude – siamo sempre pronti”. (di Daniele Dell'Aglio)

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