Nazar e Alina sono due bambini ucraini, di 8 e 7 anni, sono cugini e ballano. La mamma di Nazar, Oksana, lavora come contabile e ama l'Italia. Qualche tempo fa è arrivata in Italia, a Genova, Sestri Ponente, come ragazza alla pari, ospite di una famiglia gentile cui era impossibile non affezionarsi. Oksana passa quattro estati consecutive in Italia che per lei diventa un posto amico. A Kiev, un giorno di febbraio del 2022, con la neve arriva anche la guerra con l'invasione della Russia. Oksana non ci pensa troppo: quando capisce cosa sta per accadere pensa ai suoi bimbi, chiama in Italia, chiama la famiglia che l'aveva ospitata e chiede aiuto. Ma non solo per i suoi bimbi, anche per altri: vuole accompagnare via da quel disastro gli ospiti di un orfanotrofio, vuole accompagnarli in Italia. Così le porte di quella casa ai primi di marzo tornano ad aprirsi per ospitarla, ma non più come ragazza alla pari. Come mamma di Nazar, come zia di Alina, come angelo dei ragazzini dell'orfanotrofio di Kiev. Con i due cuginetti, anche la nonna, la mamma di Oksana, che non voleva lasciare la sua città, ma che alla fine si è fatta convincere.
A Genova la storia si sparge presto, e quando arriva alle orecchie di Paolo, un 'Orso' delle Province dell'Ovest amico della famiglia, il bisogno di dare una mano prende la forma più spontanea: “Nazar, Alina, perché non venite a giocare a rugby’?”. Paolo, l’Orso, è Paolo Ricchebono, ex Campione d’Italia con la Mediolanum dei Dominguez, dei Cuttitta, dei Campese. Il rugby è da sempre la sua vita, come la montagna: adora allenare i ragazzini, e così quei due di Kiev non gli sfuggono. Va letteralmente a prenderli a casa, perché sa che dentro una squadra, quel loro smarrimento si sarebbe smarrito subito, e gli amici sarebbero sbocciati anche senza parlare la stessa lingua. Soprattutto avendo un asso nella manica. “Non li avrei mai voluto mettere in difficoltà, ma Nazar e Alina parlano russo, e da noi in Under 17 c’è un ragazzo russo, si chiama Yuri Litvin, e neanche per un secondo ho pensato che non avrebbe dato loro tutto l’aiuto possibile”. Così è stato: pomeriggio d’allenamenti, Paolo porta i piccoli ospiti al campo: mentre cominciano le presentazioni, i due sono un po’ spaesati, non capiscono nulla se non che tutti sorridono amichevoli. Poi improvviso, quel suono familiare: russo, parole russe, sorriso russo, “Ciao, sono Yuri e sono qui per aiutarvi”. Gli occhi di Nazar si spalancano e diventano luminosi, quelli di Alina ancora di più: la sorpresa più inaspettata, e per questo la più bella.
“Ora sono inseparabili, a loro tre non interessa nulla chi è russo e chi è ucraino: Yuri è diventato il loro punto di riferimento, a lui piace sentirsi così, sapere di essergli utile, e loro si fidano ciecamente”, racconta ancora Ricchebono. “Non serve ricamarci troppo sopra, si chiama umanità, ed è esattamente come dovrebbe essere”. I due ragazzini di Kiev vogliono tornare a casa, ma anche se piccoli sanno che per il momento non si può. Intanto, da lunedì scorso hanno ricominciato a fare scuola, in Dad: la loro maestra, da Kiev, ha deciso di non interrompere l’insegnamento, e in un modo o nell’altro le lezioni andranno avanti attraverso uno schermo, anche sotto le bombe, separati ma vicini. Il rugby, nel frattempo, comincia a diventare familiare: Nazar è un bell’atleta, il più alto della sua Under 9. Alina è agilissima, anche lei la più alta della squadra. Domenica hanno giocato la loro prima Festa del Rugby assieme ai nuovi compagni: rugbisti tra rugbisti, bambini tra bambini. Esattamente come dovrebbe essere.