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Pmi, iniziative Esg autofinanziate nel 47% dei casi. Perché è un problema?

La scarsa conoscenza degli strumenti finanziari rallenta la transizione

Mano con piccolo ombrello protegge monete - Canva
Mano con piccolo ombrello protegge monete - Canva
19 dicembre 2023 | 11.41
LETTURA: 5 minuti

Per quanto la strategia e le competenze possano aiutare le imprese, le Pmi hanno bisogno soprattutto di risorse finanziarie per accelerare la propria trasformazione Esg. Soluzione non semplice da ottenere in un periodo caratterizzato da tassi elevati e regole più rigide da parte degli istituti finanziari e bancari.

Il risultato è che, in Italia, le iniziative sostenibili delle Pmi passano dall’autofinanziamento nel 47% dei casi. Il dato emerge dal report “Pmi italiane, policrisi e finanza sostenibile: le opportunità per le imprese” che evidenzia la distanza tra la volontà di attuare una trasformazione Esg e una reale trasformazione sostenibile delle Pmi italiane. Se, infatti, il 90% delle 450 aziende intervistare ritiene “molto” o “abbastanza” importante l’implementazione della sostenibilità nella propria strategia aziendale, solo il 17% è riuscito a tramutare la volontà in realtà.

Ad ostacolare il percorso Esg delle Pmi ci sono cause di natura burocratica ed economico-finanziaria, come ampiamente dimostrato dal fatto che la trasformazione sostenibile sia avviata meglio nelle aziende medie rispetto alle micro e piccole imprese (qui per tutti i dettagli).

Le altre forme di finanziamento

Ma quali sono tutte le forme di finanziamento scelte dalle Pmi per le proprie attività Esg? Eccole in ordine decrescente di utilizzo:

- Autofinanziamento (47%);

- credito bancario (37%);

- fondi statali o regionali (23%, 38% per le medie imprese);

- fondi europei (19%, 40% tra le medie imprese);

- credito bancario a condizioni agevolate per progetti sostenibili (16%);

- strumenti finanziari diversi dal credito bancario (14%, 21% tra le medie imprese);

- cessione alla banca di alcuni effetti attivi (9%).

Questi numeri evidenziano una visione profondamente bancocentrica del sistema italiano dato che una Pmi su due non conosce o conosce solo superficialmente strumenti finanziari diversi dal credito e solo il 18% delle aziende intervistate vi ha già fatto ricorso. Al contrario, il 52% non li ha mai presi in considerazione, il 30% li ha valutati senza però adottarli. Statistiche che assumono tutt’altro peso specifico se si considera che nel 54% dei casi banche o consulenti finanziari hanno proposto strumenti finanziari diversi dal credito per agevolare le iniziative Esg.

Sullo sfondo, la diffidenza nei rapporti con gli istituti di credito dimostrata anche dalla crescita molto contenuta del numero di imprenditori che si sono rivolti alla propria banca per ottenere consulenza nell’ambito. Mentre dal 2020 al 2023 la percentuale di Pmi che riconoscono il ruolo della sostenibilità è più che raddoppiata (dal 27% al 56%), la quota di imprenditori che si sono rivolti alla propria banca per ottenere supporto o consulenza per il finanziamento di progetti sostenibili è aumentata di appena 8 punti percentuali, passando dal 31% del 2020 al 39% di quest’anno.

Da segnalare, però, che nel settore agroalimentare questa pratica (49%) ha riguardato quasi la metà delle aziende intervistate.

Scarsa soddisfazione delle imprese

Dall’indagine qualitativa di “Pmi italiane, policrisi e finanza sostenibile: le opportunità per le imprese” emerge che l’offerta di consulenza è ampia ma non sempre qualificata e all’altezza delle esigenze. Le Pmi, in sostanza, gradirebbero una maggiore specializzazione degli istituti bancari sulle tematiche Esg.

Infatti, il 55% delle Pmi ritiene che l’attuale offerta finanziaria (di credito e non solo) e la consulenza ricevuta dalle banche sia solo parzialmente adeguata a supportare progetti di sviluppo in chiave Esg, mentre solo il 9% ritiene che la consulenza sia del tutto adeguata.

Questa situazione di stallo nella comunicazione, unita al timore di perdere risorse finanziarie nel breve periodo, rallenta i progressi nel Belpaese, che pur si sta distinguendo in ottica Esg. Fatta eccezione per le aziende che nascono sostenibili con un orientamento all’innovazione, le altre realtà percepiscono il processo verso la sostenibilità come oneroso e slegato da ritorni economici nel breve periodo, mentre ritengono che si debbano prevedere tattiche sul medio-lungo periodo.

L’indagine ha anche analizzato quali possibili alternative mettono al vaglio le Pmi, nel valutare ilproprio partner. Pur registrandosi un lieve calo nel ruolo assegnato alle banche, questi istituti restano comunque centrali per la trasformazione sostenibile, tanto che per il 38% delle Pmi intervistate la banca dovrebbe essere partner dell’azienda nella scelta e anche nella progettazione delle soluzioni finanziarie più idonee alle specifiche iniziative di matrice Esg.

[Fonte: report “Pmi italiane, policrisi e finanza sostenibile: le opportunità per le imprese"]

La scelta dei partner finanziari per i progetti sostenibili si basa sulle condizioni di finanziamento e di accesso al credito (aspetto sicuramente rilevante e citato dal 46% delle aziende), ma anche su elementi come la trasparenza e la chiarezza delle proposte (43%), la reputazione (34%) e la competenza specifica in ambito Esg (30%). Il 39% delle aziende (dato che sale al 49% nel settore agroalimentare) ha chiesto consulenza alla propria banca per finanziare progetti sostenibili, ma nel 76% dei casi le soluzioni proposte sembrano non soddisfare completamente le aspettative.

Lo stato attuale

A livello mondiale, il volume degli investimenti cosiddetti green ammonta a 154 miliardi di dollari all'anno, una cifra che dovrà triplicare entro il 2030, raggiungendo i 484 miliardi di dollari all'anno per rispettare i parametri fissati dagli Accordi di Parigi e dagli altri accordi sovranazionali e internazionali, come suggerito dagli esperti durante il summit europeo “Business and Nature Summit” di ottobre.

Durante l’evento si è evidenziato come questi investimenti non solo generino benefici ambientali, ma anche significative opportunità economiche, compresi 395 milioni di nuovi posti di lavoro e 10 mila miliardi di dollari di entrate aggiuntive entro il 2030.

Il summit europeo “Business and Nature Summit”, co-organizzato dal Forum per la Finanza Sostenibile insieme alla Commissione Europea, alla Piattaforma Europea per il Business e la Biodiversità, Etifor e la Regione Lombardia, ha riconosciuto agli operatori finanziari un ruolo cruciale nell’incremento di questi investimenti e nell’attuazione di azioni efficaci per tutelare il clima e la biodiversità, sollecitando una maggiore sinergia pubblico-privato nella finanza Esg.

Un rilievo che fa eco alle richieste degli imprenditori italiani, che cercano negli istituti finanziari un punto di riferimento per attuare con più decisione la trasformazione sostenibile.

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