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Profitti e conflitti d'interesse nelle sperimentazioni cliniche, ecco come proteggere i pazienti

(Infophoto)
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10 novembre 2014 | 14.04
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(Adnkronos Salute) - Approvazione di protocolli per le sperimentazioni senza alcuna rilevanza clinica o dal disegno inadeguato, assenza di azioni concrete per garantire la pubblicazione di tutti gli studi: il "processo di regolamentazione della ricerca, oggi sproporzionato rispetto ai rischi reali, sta compromettendo paradossalmente gli interessi dei pazienti", sottolinea il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, in occasione della Convention nazionale 'Sperimentazioni cliniche: nuove sfide per i comitati etici', interamente sostenuto e organizzato da Gimbe a Bologna, dove hanno partecipato oltre 100 rappresentanti di 65 comitati etici di 16 regioni italiane. "I comitati etici devono proteggere i pazienti da profitti e conflitti", è il messaggio lanciato.

"L'evoluzione delle conoscenze sull'efficacia delle terapie - spiega Cartabellotta - è condizionata negativamente da sprechi di risorse che affliggono i processi con cui la ricerca viene commissionata, pianificata, condotta, analizzata, normata, gestita, disseminata e pubblicata".

"Se oltre il 25% degli sprechi in sanità è conseguenza della prescrizione/erogazione di interventi sanitari inefficaci e inappropriati - ricorda - perché il Ssn preferisce introdurre continuamente sul mercato trattamenti di efficacia non provata piuttosto che investire in ricerca comparativa indipendente, generando conoscenze utili a ridurre gli sprechi? Per iniziare basterebbe l'1% del Fondo sanitario nazionale".

E' "necessario riallineare i legittimi interessi dell'industria ai bisogni di cittadini e pazienti, grazie anche al loro coinvolgimento attivo nel definire le priorità della ricerca e a rigorose policy sui conflitti di interesse", ribadiscono Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, Paola Mosconi (Mario Negri) e Marco Bobbio, del Comitato etico del Santa Croce e Carle di Cuneo. Più attenzione viene reclamata per la ricerca no-profit, che gode di risorse ancora carenti nel nostro Paese, e ha anche bisogno di nuovi impulsi normativi, hanno sottolineano Nicola Montanaro, del comitato etico del S.Orsola-Malpighi di Bologna, e Aldo Maggioni, del centro studi Anmco (associazione cardiologi ospedalieri) di Firenze.

Importante, dunque, il ruolo dei comitati etici italiani, a cui la Fondazione Gimbe rivolge tre proposte per proteggere i pazienti da profitti e conflitti: "Valutare la completezza delle informazioni contenute nei protocolli delle sperimentazioni cliniche utilizzando lo 'Spirit Statement', una checklist condivisa a livello internazionale; approvare definitivamente i trial dopo la registrazione in uno dei registri primari del''International Clinical Trials Registry Platform', l'iniziativa dell'Oms; identificare precocemente e valutare con estrema cautela i protocolli di sperimentazioni cliniche potenzialmente irrilevanti per il progresso delle conoscenze, che rischiano di danneggiare i pazienti e alimentare gli sprechi della ricerca".

In particolare, i comitati etici dovrebbero prestare attenzione a 6 segni di allarme: il mancato riferimento a revisioni sistematiche delle conoscenze disponibili per giustificare la necessità del nuovo studio; l'esclusiva valutazione di risultati surrogati di rilevanza clinica non provata; lo sponsor che mantiene la proprietà dei dati o non ne consente l'accesso; trial condotti in confronto con il placebo in presenza di trattamenti efficaci; trial con disegno di non inferiorità; trial di disseminazione. Sei 'red flag' da spuntare per proteggere i pazienti.

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