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Prevenzione 'rosa' in carcere, nuove tappe progetto Atena Donna

Il 27 ottobre nelle case circondariali di Civitavecchia e Venezia

Prevenzione 'rosa' in carcere, nuove tappe progetto Atena Donna
26 ottobre 2022 | 19.49
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Prosegue il percorso di Atena Together per la prevenzione e gli screening nelle case circondariali femminili, che si sviluppa sul territorio nazionale grazie al protocollo sottoscritto dal Capo del Dap e dalla presidente di Atena Donna, Carla Vittoria Maira. Durante ogni incontro con le donne ristrette vengono fornite informazioni sull’importanza della prevenzione ed effettuati screening per le varie patologie femminili. Il progetto Together è reso possibile dalla disponibilità dei medici coinvolti dalla presidente Maira.

Il 27 ottobre Atena Donna sarà impegnata in un doppio appuntamento: il primo nel carcere femminile di Civitavecchia, diretto da Patrizia Bravetti, dove verranno effettuati screening dermatologici riservati alle detenute, che già avevano assistito ad un incontro preparatorio durante il quale si era sottolineata l’importanza di tenere sotto controllo i propri nei. Il secondo appuntamento si terrà nella casa di reclusione Femminile di Venezia 'Giudecca', in accordo con la direttrice Immacolata Mannarella, dove il primo incontro di Atena con le detenute sarà di natura motivazionale.

Nella struttura di Pozzuoli, diretta da Maria Luisa Palma, grazie al monitoraggio costante di Raffaele Landolfi, internista ematologo professore presso l’Università del Sacro Cuore di Roma, è iniziato il lavoro dei 'Gruppi-Benessere' formati in collaborazione con lo staff medico della casa circondariale, proprio su iniziativa di Landolfi e della presidente Maira, durante l’ultimo proficuo incontro organizzato da Atena. Le tematiche del progetto si focalizzano sulla conoscenza dei corretti stili di vita, che incrementa la capacità di prendersi cura di sé e favorisce un miglioramento della salute e della qualità della vita, e sulla promozione delle capacità relazionali e d’ascolto in un’ottica di mutuo aiuto.

"Nella condizione di reclusione, come in altre situazioni stressanti - sottolinea Landolfi - il rischio è che il disagio psicologico inneschi o peggiori comportamenti negativi per la salute. Fumo e alimentazione ad esempio, spesso vissuti come gratificazioni utili ad alleviare il disagio, creano in realtà ulteriore malessere, alimentando una spirale negativa che invece il percorso benessere ha l’ambizione di invertire. Si vuole realizzare al tempo stesso un’educazione alla vita sana, che una volta ultimato il periodo di reclusione potrà continuare ad essere utile alle persone stesse e magari anche ai loro familiari".

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