Il sistema sanitario è un importante tassello dell'economia italiana, che assorbe il 10% del totale degli occupati del nostro Paese. E' uno dei dati del primo Rapporto sul sistema sanitario italiano realizzato dell'Osservatorio salute, legalità e previdenza, nato dalla collaborazione tra l'Ente di previdenza dei medici (Enpam) e l'Eurispes. Secondo l’Istat - rileva il Rapporto presentato oggi a Roma - nel 2015 gli occupati nel comparto sanità sono stati 1.796.000. Ma "considerando la quota di lavoro nero e grigio che si annida soprattutto nell’area della cura alla persona, è legittimo ritenere che alla rilevazione Istat si debbano aggiungere tra le 300.000 e le 400.000 unità, portando il totale a circa 2.200.000 addetti, ovvero ad una quota vicina al 10% del totale occupati".
I servizi ospedalieri - si legge nel Rapporto - assorbono il 44,4% degli addetti. Questo settore è il più numeroso e al suo interno operano diverse professionalità; quelle prevalenti sono le professioni sanitarie, infermieristiche e ostetriche (43%), mentre un 18,1% del personale è addetto a mansioni non afferenti le professioni sanitarie. Il dato fa intuire il livello di burocratizzazione della macchina sanitaria, vista la quota elevata del personale non propriamente sanitario e principalmente amministrativo che viene assorbita per il suo funzionamento. L’82,5% è personale dipendente, mentre la quota rimanente si distribuisce tra lavoro autonomo, collaborazioni e forme cooperativistiche. Queste ultime sono molto diffuse nei servizi alle famiglie e nell’assistenza sociale, in modo particolare per l’assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili (13,2%), strutture di assistenza infermieristica residenziale (7,2%), altri servizi (6%).
Con blocco turn-over, ormai da almeno 7 anni, "si assiste ad una perdita di figure professionali che non vengono sostituite se non che con forme di lavoro atipico o a chiamata, anche per periodi inferiori al mese. Da un’analisi che mette in parallelo l’andamento della spesa e quello del personale del Servizio sanitario nazionale per singole Regioni, si rileva a livello nazionale una diminuzione degli addetti dal 2001 al 2013 pari al 2%, mentre per alcune Regioni il valore si attesta al 10% e, nel caso della Liguria, addirittura al 20%".
Considerando solo le strutture pubbliche, secondo l’Istat, nel 2013 i dipendenti del comparto sarebbero stati 626.350, mentre la Ragioneria Generale dello Stato fornisce per lo stesso anno un dato complessivo di 670.241 dipendenti, con uno scarto di 43.891 unità e, in termini percentuali, del 6,5%. Questo divario si registra per tutti gli anni presi in considerazione. Al di là delle difformità di alcuni dati, va segnalato che per il comparto della sanità gestita direttamente dalle strutture pubbliche i 'numeri' del settore sono fortemente approssimati per difetto.
In generale, nelle Regioni sottoposte a piani di rientro si fa sempre più ricorso a lavoro precario per sopperire alla carenza di personale causata dal mancato turn-over. Negli ospedali e negli altri presidi del Servizio sanitario nazionale - sottolinea il Rapporto - lavorano moltissimi medici, assistenti sanitari e tecnici in regime di collaborazione, a chiamata, come liberi professionisti a partita Iva e, addirittura, in logica interinale.
È impossibile - secondo il Rapporto - censire quanto incidano in valore assoluto e relativo queste 'presenze fantasma' che, pur non risultando tra gli organici, lavorano come i dipendenti svolgendo le stesse mansioni in una condizione di precariato quasi assoluto. Con riferimento al 2011, nelle strutture della sanità pubblica opererebbero almeno 35.000 figure precarie, tra cui 10.000 medici. Il censimento del lavoro 'a gettone' e di quello interinale non è ancora stato tentato. Su questa ultima categoria vengono in aiuto i numeri riscontrabili nelle stesse agenzie interinali. Come recentemente attestato da alcuni servizi giornalistici, nella sola area del napoletano-casertano nei mesi passati (gennaio-marzo 2017) sarebbe stata impiegata una media di almeno 250 assistenti sanitari interinali nelle corsie dei maggiori ospedali.