L’eccesso di mortalità connesso alla diffusione della pandemia da Covid-19 ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre un anno di vita (82,1 anni rispetto agli 83,2 del 2019), solo parzialmente recuperata nel 2021 (82,5 anni) e nel 2022 (82,6). Nel 2022, il gap di genere ritorna al livello pre-pandemico (4,3 anni), dopo aver subito un ampliamento nei due anni precedenti. E' quanto rileva l'Istat nella decima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes).
L’analisi territoriale - si legge nel Rapporto - mette in evidenza come nel 2022 nessuna regione sia tornata ai livelli di vita media attesa del 2019; soltanto alcune hanno in buona parte recuperato gli anni di vita persi durante il biennio di pandemia. Complessivamente, le variazioni nella speranza di vita registrate tra il 2020 e il 2022 modificano molto poco la geografia della vita media attesa, consolidando le ben note disuguaglianze territoriali che vedono la Campania con la più bassa speranza di vita alla nascita (80,9 anni), quasi tre anni in meno rispetto a Trento (84,0 anni).
E ancora: nel 2022, la speranza di vita in buona salute si stima pari a 60,1 anni. L'andamento di questo indicatore - spiega l'Istat - ha segnato un punto di rottura dopo la pandemia per gli opposti andamenti delle due componenti dell'indicatore (speranza di vita e prevalenza della buona salute percepita), facendo registrare sia nel 2020 che nel 2021 valori superiori rispetto al 2019 (era pari a 58,6 anni). L'andamento è dovuto al picco di aumento della quota di persone che aveva valutato positivamente le proprie condizioni di salute nel contesto della pandemia. Permane il divario di genere a vantaggio degli uomini, con oltre 2 anni di differenza (61,2 e 59,1 rispettivamente per uomini e donne).